Contabilità

Finanziamenti dei soci, serve una via d’uscita dallo scorporo degli interessi

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di Luca Gaiani


Le nuove regole contabili sui finanziamenti infruttiferi dei soci stanno complicando, davvero inutilmente, la vita delle imprese nella chiusura del bilancio 2016. La necessità, per tutti quelli che devono applicare il costo ammortizzato, di scorporare gli interessi impliciti (meglio sarebbe chiamarli “virtuali”, visto che non vengono né incassati né pagati) da questi finanziamenti, genera ricadute impreviste in materia di Ires che di Ace, per le quali, come in generale per molte altre conseguenze dei nuovi Oic 2016 , si auspica un tempestivo intervento interpretativo.

Ricordiamo brevemente che l’Oic 15 e l’Oic 19, trattando del nuovo criterio di valutazione dei crediti e dei debiti in base al costo ammortizzato con attualizzazione, stabilisce che anche per i finanziamenti soci infruttiferi occorre imputare a conto economico interessi attivi (crediti) o passivi (debiti) per la durata del prestito. La contropartita di questa imputazione, che per gli altri prestiti non a tassi di mercato è sempre il conto economico (oneri finanziari per i crediti che genereranno interessi attivi virtuali e proventi finanziari per i debiti che genereranno interessi passivi virtuali), è invece, rispettivamente, il valore della partecipazione (finanziamenti soci erogati alla partecipata) o una riserva del patrimonio netto (finanziamenti soci ricevuti).

Questa rilevazione di interessi virtuali nasce, è bene ricordarlo, da una sostanziale assimilazione fatta dai nuovi principi contabili tra finanziamenti soci – che come noto sono spesso una via di mezzo tra debiti e capitale proprio – e gli altri debiti finanziari. Se, dunque, il debito finanziario è a tassi non di mercato (infruttifero), il criterio contabile richiede di rappresentare gli interessi “di mercato” nel conto economico, controbilanciando la differenza con un componente reddituale di segno contrario. Per gli ordinari finanziamenti, cioè, l’attualizzazione scambia un provento finanziario di oggi con un maggior onere finanziario domani o viceversa: conto economico contro conto economico.

Per i finanziamenti soci, invece, le cose cambiano. Se, come sempre avviene, l’infruttuosità è dovuta alla volontà di sostenere patrimonialmente la partecipata, la contropartita degli interessi virtuali è, affermano i principi contabili, patrimoniale:
1) maggiori costi finanziari virtuali (finanziamenti soci ricevuti) contro aumento del patrimonio netto
2) maggiori proventi finanziari virtuali (finanziamenti erogati a controllate) contro attivo immobilizzato (partecipazione).

Questo scambio tra poste di conto economico e poste di stato patrimoniale, oltre a non essere del tutto coerente, a nostro avviso, con la natura stessa dei finanziamenti soci (che sono generalmente infruttiferi, proprio perché non sono veri finanziamenti ma – anche a seguito della postergazione – quasi capitale), fa scattare dubbi fiscali non di poco conto.

Per questo motivo, è da ritenere che sarebbe opportuno un ripensamento sulla necessità civilistica di rappresentare i finanziamenti soci scorporando interessi impliciti (meglio, “virtuali”) dato che si tratta invece di apporti finanziari che, per la natura e le finalità, sono volutamente senza interessi.
Tornando agli aspetti fiscali, vediamo di ipotizzare, in attesa di chiarimenti ufficiali, quali potrebbero essere le soluzioni.

Interessi passivi virtuali
Chi scorpora dal debito gli interessi impliciti e li contabilizza negli oneri finanziari dovrebbe poter dedurre questi importi in forza della regola di derivazione rafforzata prevista, anche per le imprese con bilancio Oic, dall’articolo 83, comma 1, terzo periodo, del Tuir come modificato dall’ articolo 13-bis del Dl 244/2016 . La qualificazione civilistica di tali poste come interessi passivi su finanziamenti fa sì che si tratti di oneri ricompresi nel disposto dell’articolo 96 del Tuir e dunque deducibili nei limiti del Rol. Conseguentemente, a nostro avviso, dovrebbe riconoscersi natura reddituale anche alla imputazione della contropartita di questi interessi nel patrimonio netto. Si tratta contabilmente di proventi finanziari (così sarebbe l’imputazione se il prestito infruttifero provenisse da una banca o da un non socio) che vengono girocontati alle riserve come una sorta di rinuncia a riscotere il credito derivante dagli interessi virtuali. La natura reddituale del componente imputato a patrimonio netto ne comporta, a nostro avviso, l’imponibilità ai sensi del ridetto principio di derivazione, nonché dell’articolo 109, comma 4, Tuir. Tra l’altro questa sorta di rinuncia virtuale, se riguardasse interessi effettivi, provocherebbe comunque una sopravvenienza attiva imponibile in tutti i casi (ad esempio quando il socio finanziatore è una persona fisica) in cui il socio non tassa il corrispondente provento finanziario sicché il credito rinunciato finisce per avere costo fiscale pari a zero (articolo 88, comma 4-bis, Tuir).

Interessi attivi virtuali
La rilevazione di interessi attivi sui finanziamenti infruttiferi erogati a controllate dovrebbe seguire un regime fiscale analogo: si tratta civilisticamente di proventi finanziari che tali restano anche in ambito fiscale per la regola di derivazione. Ma che ne è della imputazione ad aumento del costo della partecipazione? Seguendo lo schema della contabilizzazione di interessi e contestuale rinuncia a sostegno della partecipata, si finisce nell’articolo 94, comma 6, del Tuir, secondo cui la rinuncia a crediti (in questo caso derivanti da una imputazione contabile di interessi attivi), nei limiti del relativo valore fiscale, comporta un incremento del costo della partecipazione. Valore fiscale del credito che, in questo caso, stante la tassazione degli interessi virtuali che lo generano è pienamente riconosciuto, con il conseguente riconoscimento fiscale anche del maggior costo delle partecipazioni.

Ace
La riserva generata dallo scorporo degli interessi virtuali rileva per l’Ace? Qui la risposta è ancora più difficoltosa e si dovrà attendere il Dm integrativo di quello del 14 marzo 2012, che dovrà essere emanato entro il 30 aprile. Tenendo in considerazione gli effetti reddituali del metodo contabile (la riserva si tassa come provento finanziario a fronte di successivi maggiori oneri finanziari a conto economico e dunque minori utili destinabili a riserva), l’incremento di patrimonio potrebbe ritenersi rilevante.
Di fatto, però, lo stesso regime contabile si verificava già in passato per gli incrementi di riserve generati da rinunce dei soci a crediti derivanti da cessioni o prestazioni (costi d’esercizio), situazione per la quale non risulta mai affermata la rilevanza Ace.

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