Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: rimborsi Iva, redditometro, autotutela

di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Sì alla sanzione per l’Iva illegittimamente chiesta a rimborso. Stop alla rettifica con la prova della formale intestazione della quota nella Srl a ristretta base. Le disponibilità liquide sul conto dimostrate con la Ctu bloccano il redditometro. Inammissibile ricorso che non censura la legittimità della mancata autotutela. Deducibili i costi sostenuti da fornitori svizzeri soggetti alle imposte cantonali e federali. Sono i temi della rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.


Sì alla sanzione per l’Iva illegittimamente chiesta a rimborso
È legittima la sanzione irrogata dall’ufficio erariale sulle somme indebitamente a titolo di Iva chieste e rimborsate alla società inerente spese su beni ammortizzabili che di fatto non risultano essere di proprietà della contribuente. Questo perché trattasi di somme che avrebbero dovuto rimanere nelle casse erariali, e sono state quindi illegittimamente trattenute dalla contribuente.
Nel caso esaminato, la società effettua delle spese su immobili non di proprietà, ma detenuti in forza di un preliminare di compravendita, per la realizzazione di un parco acquatico, e richiede il rimborso Iva delle spese effettuate. L’amministrazione recupera il rimborso ritenuto non spettante e applica la sanzione del 30% (articolo 13 del Dlgs 471/ 1997), ritenendo dannosa la condotta della contribuente.
Ctr Sicilia, sezione staccata Caltanissetta, sentenza 3355/7/2017


Stop alla rettifica con la prova della formale intestazione della quota nella Srl a ristretta base
È illegittimo l’accertamento emanato dall’Amministrazione nei confronti del contribuente titolare di quota di Srl, fondato sulla scorta di distribuzione di utili in nero accertati in capo alla società, se egli dimostra di essere soltanto formalmente intestatario della quota (soggetto fiduciario). A tal fine sono utili i seguenti elementi:
a) il contribuente (quotista per il 97% del capitale sociale) ha notificato lettera alla socio amministratore nel maggio 2001 (nel caso specie, titolare del restante 3 per cento soltanto della Srl) tramite cui comunicava il recesso da socio per aver l’amministratore violato accordi presi in precedenza (la società doveva restare inattiva);
b) il contribuente con atto notarile del dicembre 2005 redigeva contro scrittura in cui veniva ribadita l’intestazione fittizia della quota da lui posseduta, che di fatto è nella titolarità e disponibilità del socio-amministratore;
c) il consulente fiscale della Srl conferma che l’unico soggetto effettivamente titolare, e che si occupa dell’amministrazione ordinaria e straordinaria della srl, è il socio-amministratore.
Ctr Sardegna, sezione staccata Sassari, sentenza 311/8/2017


Le disponibilità liquide sul conto dimostrate con la Ctu bloccano il redditometro
È illegittimo l’accertamento sintetico se il contribuente dimostra in giudizio che ha potuto far fronte alle spese poste a base della rettifica grazie alle disponibilità liquide presenti nel proprio conto corrente oggetto di relazione da parte del Ctu. Infatti il contribuente ha dimostrato che ha potuto far fronte alle maggiori spese accertate (nel caso esaminato, si tratta del periodo d’imposta 2010, per oltre 1milione 500mila euro, di cui oltre 73mila euro per spese certe ed oltre 1milione e 400mila euro per investimenti) tramite la Ctu depositata in giudizio. Dalla consulenza emerge che:
a) il contribuente ha ricevuto oltre un milione di euro a titolo di restituzione di somme per finanziamenti infruttiferi effettuati in passato nei confronti di società di cui risulta essere socio;
b) nell’esercizio precedente (nel caso di specie, il periodo d’imposta 2009), il contribuente ha ricevuto somme a titolo di restituzione per finanziamenti infruttiferi, sempre in precedenza erogati a favore di due società dallo stesso partecipate, complessivamente per circa 390mila euro (ottenute sommando 150mila e 247mila);
c) la società da lui partecipata ha venduto nel 2009 un immobile per oltre 3milioni e 600mila euro;
d) la figlia ha ceduto un’abitazione per oltre 470mila euro nel 2009, e che in seguito la stessa ha versato 420mila nel conto del padre.
Ctp Treviso, sentenza 455/3/2017

Inammissibile ricorso che non censura la legittimità della mancata autotutela
Sono due i motivi di inammissibilità del ricorso introduttivo proposto dal contribuente se dagli atti del processo, seppur in maniera implicita, si evince che l’azione è stata avanzata sia per contestare la mancata erogazione di somme chieste a rimborso Tia (nel caso di specie, inerente fattura Tia per il 2011 emessa e pagata nell’ottobre 2014) perché ritenute indebitamente versate, sia per il mancato esercizio del potere di autotutela da parte dell’ente impositore.
La prima inammissibilità del ricorso introduttivo (istanza di rimborso) è dovuta al fatto che il contribuente ha proposto l’azione prima del termine di novanta giorni (, in data 27 novembre 2014) decorrenti dalla richiesta di rimborso (coincidente con la data di emissione della fattura, ossia nell’ottobre 2014), identificabile come dies a quo finalizzato a rendere effettivo il rifiuto silente dell’Ente impositore, come previsto dal secondo comma dell’articolo 21 del diritto processuale tributario. La seconda inammissibilità del ricorso introduttivo (mancato esercizio dell’autotutela) è dovuta al fatto che il contribuente ha mosso censure volte a contrastare nel merito la pretesa tributaria e non la legittimità del mancato esercizio di tale potere da parte dell’ente impositore.
Ctr Lazio, sentenza 6250/1/2017

Deducibili i costi sostenuti da fornitori svizzeri soggetti alle imposte cantonali e federali
Dal punto di vista sostanziale, il fornitore svizzero, assoggettato alle imposte «cantonali e municipali», non va equiparato agli operatori economici appartenenti alla black list, individuata dal relativo decreto ministeriale. Pertanto la società italiana che acquista beni e servizi da tale fornitore può portare in deduzione i relativi costi sostenuti, se dimostra tramite apposite certificazioni rilasciate dalla autorità elvetiche che i fornitori sono soggetti alle relative imposte. Vanno ammesse in deduzione le spese della contribuente effettuate nei confronti di operatori economici svizzeri se questi risultano essere assoggettati alle imposte «comunali, cantonali e federali», e quindi non incluse nell’elenco black list (Dm 23 gennaio 2002, articolo 3).
Dal punto di vista procedurale, le certificazioni elvetiche, atte ad attestare che le società svizzere sono soggette alle relative imposte, possono essere prodotte dalla contribuente in giudizio, anche se in precedenza tali certificazioni erano state richieste alla società dall’Amministrazione tramite questionario, anche se poi non erano state fornite, dato che:
a) al momento della richiesta (avvenuta nel febbraio 2012) la contribuente non era in possesso della documentazione che è stata rilasciata solamente in seguito. Difatti, i documenti chiesti dall’amministrazione tramite questionario al contribuente non possono essere utilizzati in sede contenziosa a favore del ricorrente solamente se si tratta di documenti già nella disponibilità dello stesso;
b) la documentazione è comunque utilizzabile perché nella richiesta di esibizione al contribuente l’Amministrazione non ha dimostrato di aver informato il contribuente che la mancata ottemperanza alla richiesta preclude l’utilizzabilità dei documenti.
Nel caso esaminato, l’amministrazione recupera i costi sostenuti da una società italiana sostenuti nei confronti di fornitori svizzeri per oltre 257mila euro relativa al periodo d’imposta 2008 ritenendo che tali soggetti siano inclusi nell’elenco black list data l’assenza delle certificazioni delle autorità elvetiche richieste in precedenza tramite questionario.
Ctr Lombardia, sentenza 3497/15/2017

Iva, per lo sconto basta la sola consegna della merce
La cessione di merce scontata (nel caso di specie, gas petroliferi liquefatti: Gpl) è fuori campo Iva, cioè esclusa dalla base imponibile, così come è previsto dal numero 2, primo comma, dell’articolo 15 del Dpr 633 del 1972, secondo cui la merce ceduta a titolo di sconto non concorre a formare base imponibile.
A tal fine non rileva la circostanza che non ci sia alcun contratto scritto tra cedente e cessionario in cui sia concordato lo sconto da praticare, perché:
a) nessuna norma civilistica e fiscale impone alle parti di concordare preventivamente per iscritto la scontistica praticata;
b) lo sconto merce è concluso al momento della consegna della merce e tale modalità di vendita è una prassi per la tipologia del bene venduto.
Pertanto va annullata la ripresa dell’amministrazione che ritiene la cessione di Gpl soggetta a Iva siccome equiparata a cessione a titolo gratuito in assenza di contratto scritto.
Nel caso esaminato, a seguito di verifica dei militari della Guardia di Finanza l’amministrazione ritiene soggette ad Iva la cessione di Gpl ritenute effettuate a titolo gratuito per imponibile di oltre 146mila euro, recuperando Iva al 10% per oltre 14mila euro.
Ctp Milano, sentenza 5210/7/2017

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