FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: successione, Irap, bonus casa
Il differenziale dello spread infragruppo giustifica l’omessa contabilizzazione degli interessi attivi della capogruppo italiana. L’acquiescenza al ruolo tramite pagamento non può sanare la sua tardiva notificazione. Le garanzie offerte dal de cuius in favore del nipote per i debiti da questo contratti sono passività deducibili in sede di successione. Qualità e quantità dei costi non fanno l’autonoma organizzazione del dottore commercialista, revisore dei conti e coordinatore di corsi di formazione. Il Concessionario deve motivare il diniego alla rateizzazione tanto più se già conosce le difficoltà finanziarie del contribuente. Imposta sulle successioni in misura fissa per il trust “autodichiarato”. Dalla fine lavori novanta giorni ordinatori e non tassativi per inviare all’Enea le spese di interventi di riqualificazione energetica.
Il differenziale dello spread infragruppo giustifica il recupero d’imposta
È legittima la ripresa erariale per omessa contabilizzazione di interessi attivi in capo alla capogruppo italiana se questa, nell’operazione di finanziamento a una controllata estera priva di minima struttura societaria, applica un tasso di interesse minore rispetto a quello che, a sua volta, la controllata estera applica ad altre società da questa finanziate e interamente partecipate. È infatti l’operato dell’Amministrazione, la quale, per determinare la congruità dei tassi d’interesse applicati dalla controllata italiana, prende a riferimento il valore normale del tasso praticato nel paese della “mutuante”–controllante italiana.
Per l’aspetto sostanziale, la validità della tesi erariale si evince dalle seguenti circostanze:
a) Alfa, società italiana, è la società capogruppo che ha finanziato la società Beta, controllata estera, ad un tasso di interesse basato su Euribor a sei mesi con spread del due per cento;
b) Beta, pur risultando priva di autonoma organizzazione (per assenza di locali detenuti a titolo di locazione o proprietà presso la sede legale, l’assenza personale dipendente, eccetera), a sua volta ha erogato dei finanziamenti ad altre società estere, interamente partecipate da Beta, ad un tasso di interesse legato all’Euribor a sei mesi con spread del tre percento.
In pratica, la discrasia dei tassi praticati nelle operazioni di finanziamento tra società sostanzialmente appartenenti alla capogruppo italiana, e l’assenza di una minima struttura societaria di Beta (società intermedia), hanno indotto l’Amministrazione a ritenere che il differenziale di un punto percentuale dello spread debba essere attribuito alla controllante italiana Alfa, che ha sostanzialmente omesso di contabilizzare parte degli interessi attivi. Di contro, non è valida la tesi della capogruppo italiana, secondo la quale le due operazioni di finanziamento sono tra loro “slegate”, per cui andava controllata semmai solo la legittimità del finanziamento che questa ha attuato nei confronti della controllata Beta.
Per l’aspetto procedurale, l’operato dell’Amministrazione è da considerarsi valido anche perché:
1) ha verificato che il tasso di interesse praticato dalla capogruppo italiana fosse in linea col “valore normale” del tasso praticato in condizioni di libera concorrenza prendendo a riferimento il tasso praticato nel paese del mutuante (transfer pricing), così come previsto dal comma 7 dell’articolo 110 del Tuir, nonché in linea con le linee guida Ocse, mentre non è possibile, come sostenuto dalla capogruppo, prendere a riferimento i tassi praticati nel pese del mutuatario;
2) ha fatto riferimento ai tassi pubblicati sul “Bollettino Statistico della Banca d’Italia” relativi ai finanziamenti aventi durata da uno a cinque anni, mentre il riferimento ai tassi relativi ai Bot chiesto dalla contribuente risulta inconferente, dato che si applica ai prestiti di durata pari a 12 mesi.
Nel caso in esame, una Spa italiana eroga finanziamenti nei confronti di una società olandese interamente partecipata, negli anni 2010, 2011 e 2012. A fronte di tali prestiti, contabilizza interessi attivi per oltre 530mila nell’anno 2012 e oltre 288mila euro nell’anno 2013. Il tasso di interesse praticato prendeva a riferimento Euribor con uno spread del due per cento. In seguito al finanziamento ricevuto, la società olandese partecipata eroga, a sua volta, finanziamenti a società residenti in Polonia, società interamente partecipate da quella olandese. Il tasso di interesse praticato prendeva a riferimento Euribor con uno spread del tre per cento. Nel gennaio 2017 l’Amministrazione effettua una verifica circa la correttezza del tasso di interesse praticato dalla capogruppo italiana, ed emette, a seguito di pvc, un accertamento tramite il quale recupera la maggiore Ires ed Irap per omessa contabilizzazione di interessi attivi, pari ad oltre 296mila euro per il 2012 ed ad oltre 221mila euro per il 2013. Ciò perché il finanziamento alle società polacche era stato erogato dalla contribuente italiana, per il tramite della partecipata olandese che risultava del tutto priva di struttura organizzativa.
• Ctp Varese, sentenza 66/3/2018
L’acquiescenza al ruolo tramite pagamento non sana la tardiva notificazione
Anche in caso di avvenuto pagamento prima della scadenza del termine, va annullata l’iscrizione a ruolo derivante dall’esito del controllo “cartolare”, di cui all’articolo 36-ter del Dpr 600 del 1973 e la conseguente notificazione tramite cartella esattoriale se esso risulta essere stata notificata fuori termine, ovvero oltre il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di invio della dichiarazione dei redditi. Nello specifico, l’iscrizione a ruolo decade se il Concessionario, nel primo tentativo di notifica avvenuto ad agosto del quarto anno, si limita a depositare l’avviso di ricevimento privo di firma del destinatario o di persona incaricata al suo ritiro. Ovvero, con un secondo tentativo di notifica avvenuto oltre due anni dopo, vale a dire successivamente al 31 dicembre del quarto anno, ed utilizzando la procedura prevista dall’articolo 140 del Codice di procedure civile, non prova l’invio della «raccomandata informativa» attraverso la quale il destinatario, irreperibile temporaneamente, deve essere informato del deposito dell’atto presso la Casa Comunale. Né può costituire sanatoria del primo tentativo di notifica il successivo pagamento effettuato dal contribuente per evitare pignoramenti.
Nel caso in esame, l’Amministrazione forma un’iscrizione ruolo a seguito di controlli documentali ai sensi dell’articolo 36-ter e ricupera una maggiore addizionale regionale Irpef per oltre 700 euro relativa la periodo d’imposta 2007, tramite cartella notificata a mezzo posta in data 16 aprile 2012, senza che però il contribuente abbia posto alcuna firma nell’avviso di ricevimento. Il Concessionario tenta una seconda notifica in data 29 luglio 2014, ma essendo il contribuente temporaneamente irreperibile, deposita tale atto nella Casa Comunale e considera tale notifica perfezionatasi il 13 agosto 2014. Il contribuente impugna nel novembre 2014 l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella, perché il primo tentativo di notifica non si è perfezionato, mentre il secondo è stato attuato quando oramai era decorso il termine previsto a pena di decadenza relativo ai controlli formale. Per evitare pignoramenti, paga comunque l’iscrizione a ruolo, che viene interpretata dal giudice di primo grado come acquiescenza, e, quindi, sanatoria della prima notifica.
• Ctr Lombardia, sentenza 894/19/18
Le garanzie offerte per i debiti del nipote sono deducibili in sede di successione
Ai fini delle imposte indirette, le fideiussioni, i titoli, e, in generale, le attività, offerte dal de cuius in garanzia per estinguere i debiti di uno degli eredi, rappresentano delle passività deducibili in sede di successione, purché ricorrano le seguenti condizioni:
a) tali debiti siano liquidi ed esigibili;
b) sia accertato lo stato di insolvenza del debitore;
c) gli altri eredi sono impossibilitati ad agire in regresso contro il soggetto garantito.
Nello specifico, in sede di successione è ammessa la deduzione delle fideiussioni e dei titoli dai in garanzia per coprire i debiti del debitore siccome sono rispettati i seguenti requisiti:
a) il credito garantito è liquido ed esigibile: ciò si ricava dalla circostanza che gli istituti bancari hanno venduto i titoli dati in pegno per estinguere il debito contratto dal nipote, nonché monetizzato le fideiussioni che solitamente fanno sottoscrivere per prassi evitando così di procedere alla preventiva escussione del patrimonio del debitore;
b) è provato lo stato di insolvenza del debitore, così come si evince dalla circostanza che lo stesso è stato dichiarato fallito pochi mesi dopo l’apertura della successione;
c) gli altri eredi non possono agire in regresso contro il debitore garantito nemmeno insinuandosi al passivo fallimentare, atteso che dallo stato passivo fallimentare emergono attività che consentono il soddisfacimento dei soli creditori privilegiati (lavoratori dipendenti della ditta di cui l’erede garantito è titolare,) e non vi è alcuna attività da ripartire in favore di creditori chirografari, tra cui, appunto, i coeredi.
Ai fini delle imposte dirette, la deducibilità di tali componenti, inoltre, si evince anche dal raffronto con l’imposizione diretta (Tuir) ove è chiaramente disposto che i creditori di soggetti dichiarati falliti posso portare in deduzione il credito divenuto inesigibile.
Nel caso in esame, a seguito della morte di un contribuente, gli eredi presentano dichiarazione di successione, ove risultano attività rappresentate da titoli non soggetti a tassazione siccome esenti, e passività deducibili per oltre 571mila euro, rappresentate da fideiussioni e titoli rilasciate in favore di istituti di credito per coprire i debiti contratti dal nipote sia personali che per la ditta individuale dallo stesso esercitata, poi dichiarata fallita nel 2016 dopo pochi mesi dalla morte del garante. L’Amministrazione ricupera maggiore imposta di successione, oltre sanzioni e interessi, per oltre 31mila euro tramite avviso di liquidazione notificato nel 2017 e prontamente impugnato dagli eredi che sostengono la legittimità del loro operato dato che sussistevano i requisiti per la deducibilità delle passività. L’Amministrazione resiste e sostiene che il debito non è liquido ed esigibile e che lo stato di insolvenza si è verificato dopo l’apertura della successione, mentre gli eredi potevano agire in regresso insinuandosi al passivo.
• Ctp Lecco, sentenza 44/2/2018
Qualità e quantità dei costi non fanno l’autonoma organizzazione
La circostanza che il professionista abbia sostenuto costi “significativi” , nonché la loro suddivisione “qualitativa” nel quadro RE, non provano la presenza dell’«autonoma organizzazione» e quindi l’Irap pretesa dall’Amministrazione. Tanto più se il professionista non ha erogato alcun compenso a terzi. È infondata la tesi dell’Amministrazione secondo cui il contribuente deve pagare imposta per la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, deducibile:
1) dai costi significativi sostenuti (aspetto quantitativo);
2) dalla “qualità” degli esborsi risultanti da quadro RE del modello Unico PF presentato dal contribuente (aspetto qualitativo).
È invece valida la tesi del contribuente, secondo cui non sussiste la presenza di autonoma organizzazione, atteso che :
1) le spese sostenute per locazione immobile sono giustificate dalla necessità di dotarsi di struttura accessibile a terzi, ed è irrilevante la circostanza di aver svolto la maggior parte dell’attività presso le sedi dei clienti;
2) le spese sostenute per beni strumentali e, in particolare di software applicativo, sono giustificate dalla necessità di dotarsi di quell’apporto tecnologico utile alla elaborazione dati, e tale spesa semmai rimarca le modalità strettamente personali con cui il lavoro viene svolto;
3) le spese di rappresentanza, alberghi e ristoranti, assicurazioni e consumi, costituiscono elementi passivi “fisiologici” e quindi necessari per lo svolgimento dell’attività professionale;
4) non sono presenti spese per personale dipendente e di collaborazione.
Nel caso in esame, l’Amministrazione ritiene che un contribuente, dottore commercialista, revisore contabile nonché coordinatore di corsi per enti di formazione, sia dotato di autonoma organizzazione e iscrive a ruolo Irap per quasi 10mila euro relativa all’anno 2005. L’uomo si oppone e perde in entrambi i gradi di merito, ma la Cassazione, con ordinanza del 2016, cassa con rinvio la sentenza della Ctr affinché valuti la presenza o meno della “autonoma organizzazione”, valutazione assente nella sentenza della Ctr cassata. L’uomo riassume la causa con ricorso notificato nel giugno 2017 ed insiste nella non debenza dell’imposta data l’assenza del presupposto impositivo. Resiste l’Amministrazione, secondo la quale le spese sostenute, complessivamente pari a oltre 33mila euro dimostrano la presenza dell’autonoma organizzazione e quindi giustificano la ripresa, circostanza questa evidenziata anche dalla ripartizione delle spese indicate nel quadro RE (beni strumentali per oltre 3mila euro, locazione finanziaria di immobili per oltre 4mila, consumi per oltre 6mila, alberghi per oltre 3mila, spese rappresentanza per oltre 2mila), nonché dalla circostanza che l’attività veniva svolta maggiormente presso le sedi dei committenti.
• Ctr Lombardia, sentenza 885/21/2018
Il Concessionario deve motivare il diniego alla rateizzazione
È illegittimo il provvedimento di diniego di rateizzazione emesso dal Concessionario della riscossione privo di adeguata motivazione. Questo perché la motivazione rappresenta un elemento essenziale di ogni atto amministrativo, tra cui il diniego di concedere la rateizzazione, e la sua assenza determina la nullità del provvedimento stesso. Infatti, dal punto di vista normativo, l’articolo 19 del Dpr 602 del 1973, disciplinante le richieste di dilazioni di pagamento dei debiti a ruoli del contribuente, dispone che la stessa deve essere concessa se il contribuente versa in stato di obiettiva condizione di difficoltà. Tale circostanza si evince dal fatto che il contribuente aveva già in essere altri piani di dilazione. Pertanto è priva di motivazione il diniego dell’agente della riscossione che respinge la richiesta di rateazione per non aver il contribuente presentato l’ulteriore documentazione richiesta dall’ente, per aver già conosciuto il Concessionario lo stato di difficoltà del contribuente rappresentata dalle pregresse rateazioni.
Nel caso in esame, una Spa presenta tre istanze di rateazione relative a debiti a ruolo relativi agli anni 2007, 2008 e 2009 ammontanti ad oltre 60mila euro. Il Concessionario richiede documentazione atta a comprovare lo stato di temporanea situazione di difficoltà. La contribuente risponde di aver già in essere altri piani di rateazione e quindi di trovarsi in stato di difficoltà, circostanza questa già nota al Concessionario, che però rigetta le istanze. La contribuente si oppone al diniego che impugna in Ctp perché difettano di motivazione.
• Ctp Treviso, sentenza 143/1/2018
Imposta sulle successioni in misura fissa per il trust “autodichiarato”
Sconta l’imposta di successione in misura fissa l’operazione di trust “autodichiarato”, ossia quel contratto attraverso il quale il contribuente (settlor) costituisce il trust tramite conferimento di un bene destinato al beneficiario finale, ma di cui conserva la disponibilità in qualità di gestore (trustee) sino all’avverarsi di una determinata condizione. Questo perché, con tale tipologia di operazione, non si concretizza un vero e proprio trasferimento del bene in favore del beneficiario finale, se non quando si realizzerà la condizione sospensiva prevista nel contratto. In altri termini, si tratta di un’operazione neutra, perché non c’è trasferimento di beni. Pertanto è illegittima la ripresa erariale attraverso la quale l’Amministrazione pretende la maggiore imposta di registro in misura proporzionale se il contribuente proprietario di immobile:
1) ha costituito il trust tramite conferimento di immobile;
2) ha tenuto la disponibilità, ossia la gestione del bene;
3) ha indicato quali beneficiari finali il figli nascituri, i quali diverranno titolari del bene solamente al raggiungimento della maggiore età.
Nel caso in esame, nel settembre 2009 un uomo costituisce un trust conferendo un immobile, del quale, però, continua a conservare la disponibilità. Indica, quali beneficiari finali, i figli nascituri, che diverranno proprietari del bene al compimento della maggiore età, e paga l’imposta sulle successioni in misura fissa. L’Amministrazione ritiene che il conferimento del bene nel trust sia di fatto un trasferimento e ricupera la maggiore imposta di registro in misura proporzionale.
• Ctr Sardegna, sentenza 263/4/2018
Dalla fine lavori 90 giorni ordinatori per inviare all’Enea le spese
L’invio della documentazione relativa alle spese concernenti gli interventi di riqualificazione energetica oltre il termine di 90 giorni dalla fine dei lavori all’Enea non pregiudica il diritto alla detrazione. Questo perché tale violazione è di tipo “formale” e non sostanziale, come si evince, dalla circolare numero 21 del 23 aprile 2010 emanata dall’agenzia delle Entrate, la quale precisa che il diritto alla detrazione Irpef, relativa alle spese sostenute per riqualificazione energetica, non è legato all’invio tardivo all’Enea della scheda informativa, a condizione che il contribuente sia in possesso della documentazione che dimostri il sostenimento di tale tipologia di spesa. E tale tesi trova altresì conforto nella giurisprudenza. Pertanto è illegittimo il ruolo formato ex art.icolo 36 – ter del Dpr 600 del 1973, attraverso il quale l’Amministrazione recupera la maggiore Irpef relativa a detrazioni sulle spese energetiche sostenute dal contribuente per non aver inviato entro il termine di 90 giorni decorrenti dalla fine dei lavori la scheda informativa all’ENEA.
Nel caso in esame, un contribuente, nel 2012, sostiene spese relative a sostituzione impianto termico e sostituzione infissi rientranti nelle spese di riqualificazione energetica ed invia la relativa scheda oltre il termine di 90 giorni decorrenti dalla data di fine lavori, ma conserva tutta la documentazione. L’Amministrazione effettua controllo documentale ai sensi dell’articolo 36-ter e sostiene non spettante la detrazione per il tardivo invio della scheda ed iscrive a ruolo la maggior Irpef che notifica tramite cartella nel maggio 2017. Il contribuente si oppone con ricorso. Spetta la detrazione anche con inoltro ella scheda all’Enea è avvenuto oltre il termine.
• Ctp Lecce, sentenza 1709/1/18