FISCO E SENTENZE/Le pronunce di Milano: pvc, redditi occulti, Iva e registro
In caso di accesso, il pvc deve essere consegnato alla parte
I giudici milanesi evidenziano l’importanza che il processo verbale di constatazione (pvc), in caso di accesso e conseguente verifica fiscale da parte dei funzionari, sia (oltreché redatto) consegnato alla parte.
A tali conclusioni – ricorda la Commissione milanese – sono giunti i giudici della Suprema Corte che, con una recente sentenza (Cassazone 7843/2015) hanno ribadito come la normativa su questo punto (e in particolare l’articolo 52, Dpr 633/72) imponga «la redazione di verbale in ogni caso di accesso per procedere a ispezioni documentali, verifiche, ricerche ed ogni altra rilevazione ritenuta utile». A tale redazione deve seguire necessariamente la consegna al contribuente.
Tale concetto, ricordano i giudici, è ulteriormente sottolineato dallo Statuto del Contribuente.
Se quindi il pvc - come nel caso trattato dalla sentenza in commento – viene emesso ma mai portato a conoscenza del contribuente, ne deriva un avviso di accertamento privo di motivazione, laddove quest’ultimo faccia riferimento per relationem allo stesso pvc, essendo pertanto annullabile.
• Sentenza CTP Milano n. 2460/2018
La ripresa a tassazione è obbligatoria in caso di redditi occulti
La ripresa a tassazione degli utili distribuiti in una società a ristretta base azionaria deve essere conforme a quanto si può desumere dal bilancio.
Nel caso di specie il contribuente, socio di una società a ristretta base azionaria, aveva impugnato un avviso di accertamento recante una ripresa fiscale relativa ad Irpef a suo carico.
Risulta necessario inquadrare il contesto in cui i giudici in epigrafe si sono trovati ad operare.
L’amministrazione finanziaria aveva sottoposto a verifica la società in quanto era stata effettuata una compensazione di debito Iva con crediti inesistenti. Per tale motivo era stato emesso atto di accertamento nei confronti del socio.
Il contribuente aveva contestato la ripresa a tassazione, da parte degli uffici finanziari, di utili distribuiti a suo favore nonché di altre somme erogate a favore dello stesso socio.
Il rigetto del ricorso da parte della Commissione interpellata si fonda su alcune evidenti “prove” che consentono di presumere la distribuzione di reddito occulto.
I giudici, infatti, avevano rilevato come il debito verso soci fosse stato diminuito degli utili pregressi e non distribuiti di un ammontare pari all’esatto importo contestato pro quota al ricorrente.
• Sentenza CTP di Milano n.1864/2018
L’attività abituale sebbene non esclusiva è soggetta ad Iva
Nella sentenza in commento i giudici della Ctr di Milano chiariscono il campo di applicazione dell’articolo 5 del Dpr 633/72, relativamente all’applicazione dell’Iva nell’esercizio di arti e professioni abituali, «ancorché non esclusive». Nel caso di specie al contribuente, dipendente pubblico, viene contestata l’omessa apertura di partita Iva e, di conseguenza, l’omessa applicazione dell’Iva nello svolgimento dell’attività di amministratore di condominio. I giudici, confermando la sentenza di primo grado, hanno ritenuto che l’elevata incidenza dell’attività collaterale rispetto al reddito percepito dal contribuente come dipendente pubblico fosse tale da richiedere la presenza di una struttura, seppur minima, e la necessità di una posizione Iva autonoma.
• Sentenza CTR Milano n.2119/2018
L’imposta di registro su un contratto di sublocazione può essere annuale
Con la Sentenza in epigrafe, i Primi Giudici accolgono le ragioni del ricorso presentato dalla società contribuente ed annullano in toto l’atto impugnato, con il quale l’Ufficio aveva richiesto il pagamento della tardiva registrazione del contratto di sublocazione ad uso commerciale calcolata in misura pari al 120% dell’imposta di registro dovuta per l’intera durata del contratto. Nel caso di specie, il locatore e locatario avevano optato per il pagamento dell’imposta sul primo anno della durata del contratto, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, Dpr 131/86. I giudici pervengono alla conclusione secondo cui, nel momento in cui le parti hanno scelto il criterio di corrispondere, anno per anno, la relativa imposta, l’Ufficio non può più pretendere in un’unica soluzione il pagamento della sanzione per i restanti cinque anni nei quali ha effetto il contratto di sublocazione. Se le parti hanno scelto il pagamento annuale dell’imposta, l’Ufficio non può pretendere di sanzionare, come ha preteso, l’intera durata del contratto, ma controllare che, anno per anno, venga corrisposta la relativa imposta dell’1% del canone annuo.
• Sentenza CTP Milano n. 1872/2018
Hanno collaborato: Gaetano Sirimarco e Domenico Crosti