Imposte

Fusione societaria inversa, riserve «separate»

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di Luca Gaiani

Nella fusione inversa si producono gli effetti contabili che si avrebbero con la fusione diretta, ma non per quanto concerne la stratificazione del patrimonio netto. Lo precisa l’agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 62/E diffusa ieri. Il comma 5 dell’articolo 172 del Tuir si applica, anche nelle operazioni rovesciate, con riferimento alle riserve della incorporata. Le riserve della controllata-incorporante, invece, mantengono il regime che avrebbero in assenza di fusione.

La risoluzione n. 62/E riporta la risposta a un interpello riguardante un’operazione di fusione “inversa” con la quale Alfa (società controllata al 100% da Beta) ha incorporato la propria controllante Beta.

Le due società hanno adottato i principi contabili internazionali Ifrs: l’operazione si qualifica quale business combination e a essa non si applica lo standard Ifrs 3. Secondo le istruzioni Assirevi, l’operazione va contabilizzata in continuità di valori e deve portare ai medesimi risultati che si avrebbero con una fusione diretta (Beta incorpora Alfa). Alfa, a seguito dell’annullamento delle azioni proprie acquisite per fusione (e ri-assegnate al socio di Beta), ha rilevato un disavanzo di fusione che è stato imputato ad aumento del valore del marchio iscritto nel bilancio della medesima incorporante Alfa (comportamento coerente con quanto indicato dal documento Oic 4 e non contestato dall’agenzia delle Entrate).

Un dubbio sorge, e forma oggetto specifico dell’interpello, con riferimento alla stratificazione fiscale delle riserve della incorporante post fusione. Alfa, infatti, ha una riserva di rivalutazione in sospensione d’imposta mentre Beta (incorporata) possedeva solo riserve di utili e di capitale. Secondo l’istante, il principio di equivalenza tra fusione inversa e diretta dovrebbe portare ad annullare senza effetti fiscali la riserva in sospensione di Alfa (tassabile solo in caso di distribuzione), come appunto sarebbe avvenuto se Alfa fosse stata l’incorporata.

La risposta delle Entrate è negativa. Il patrimonio che residua post fusione è sempre quella dell’incorporante (Alfa); l’assimilazione tra fusione inversa e diretta non può, infatti, espandersi sino a coinvolgere il regime fiscale del patrimonio dell’incorporante e, di conseguenza, non può portare a far prevalere la stratificazione di quello che era il patrimonio dell’incorporata. L’articolo 172, comma 5 del Tuir che regola la ricostituzione delle riserve dell’ “incorporata” va letto nella sua formulazione giuridico formale e dunque senza “invertire” l’incorporante con l’incorporata. In definitiva, la riserva di rivalutazione di Alfa non scompare per effetto della fusione, ma resta pienamente in vita con il regime suo proprio. A scomparire, con gli effetti che ne derivano, saranno, invece, le riserve di Beta (incorporata).

Agenzia delle Entrate, risoluzione 62/E/2017

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