GUIDA ALLA MANOVRA/ - Stipendi, money transfer e compro oro: tutti i limiti all’uso del contante
Stop al contante per il pagamento degli stipendi. Dal primo luglio 2018, secondo quanto previsto dal comma 911 del testo dell’ultima legge di Bilancio, i datori di lavoro o committenti non potranno più corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente ai dipendenti.
L’obiettivo della norma è di limitare le ipotesi di pagamenti retributivi inferiori a quanto effettivamente dichiarato, tutelando in tal modo il lavoratore che abbia ricevuto un importo non corrispondente a quello scritto in busta paga. L’intenzione, probabile, del legislatore, infatti, sarebbe quella di arginare la prassi, diffusa tra datori e committenti, di corrispondere ai propri dipendenti uno stipendio inferiore ai limiti fissati dalla contrattazione collettiva. È stato quindi previsto per legge che il datore di lavoro versi le retribuzioni attraverso gli istituti bancari o gli uffici postali.
La tracciabilità dei pagamenti non si applica, però, ai rapporti di lavoro instaurati con la pubblica amministrazione di cui all’articolo 1, comma 2 del Dlgs 165/2001; non si attua, altresì, nei rapporti di lavoro riguardanti gli addetti ai servizi domestici che prestano la loro opera, sia continuativa che prevalente, di almeno quattro ore giornaliere, presso lo stesso datore di lavoro. Allo stesso modo, la nuova legge non trova applicazione per gli addetti ai servizi familiari e domestici.
Queste limitazioni, o meglio divieti, all’utilizzo del contante vanno ad aggiungersi a quelle già previste dalla normativa antiriciclaggio. In particolare, l’articolo 49 del Dlgs n. 231/2007, da ultimo modificato dal Dlgs n. 90/2017, vieta il trasferimento di denaro contante, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano essi persone fisiche o giuridiche, quando il valore oggetto di trasferimento sia complessivamente pari o superiore a 3mila euro. Diventa “complice” nella violazione anche colui che abbia acquisito i valori trasferiti, in quanto con il proprio comportamento ha contribuito a eludere la prescrizione di legge. La soglia a 3mila euro è rimasta invariata dal 2015, anno in cui era stata innalzata dopo essere stata (immotivatamente) abbassata a mille euro dal Dl n. 201/2011. Questo limite, in effetti, è stato spesso modificato negli anni, talvolta confondendo i cittadini, primi destinatari delle disposizioni stesse. Per le violazioni di tale divieto, il decreto antiriciclaggio prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 3mila a 50mila euro.
Per i trasferimenti attraverso “money transfer” la soglia è ulteriormente ridotta a mille euro. Lo stesso decreto legislativo n. 90/2017 modifica, al comma 3 dell’articolo 49, la soglia, per i “cambiavalute”, che passa da 2.500 a 3mila euro. Il trasferimento superiore al predetto limite, quale che ne sia la causa o il titolo, è vietato anche quando viene effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiano artificiosamente frazionati. La norma ha lo scopo di consentire la tracciabilità delle operazioni superiori alla soglia. Come specificato nel primo comma dell’articolo 49, infatti, il trasferimento sopra soglia ed illimitatamente può essere eseguito per il tramite di banche, Poste, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento, per consentirne, appunto, la tracciabilità da parte di questi soggetti.
La legge antiriciclaggio precisa, inoltre, che affinché si realizzi la violazione è necessario che il trasferimento intercorra tra “soggetti diversi”, cioè tra soggetti costituenti distinti centri di interesse. Su tale circostanza, che ha generato, invero, parecchi dubbi e perplessità – in primis tra i cittadini - è dovuto intervenire, ricordiamolo, il Mef con nota del 4 novembre 2011. Il documento specificava che i «prelevamenti e versamenti non costituiscono operazioni di trasferimento», e che pertanto sono liberi. Lo stesso Mef, nelle sue ultime Faq sul sito, ha affermato la possibilità di pagamenti “misti”, di contante fino a soglia ed il resto con strumenti tracciabili.
Accanto alle limitazioni previste dal Dlgs 231/2007, il legislatore ha previsto specifiche soglie per l’utilizzo del contante da parte di determinate categorie di soggetti. Così, per i “compro oro”, il Dlgs n. 92/2017 prevede che le operazioni da questi eseguite superiori a 500 euro debbano essere effettuate con mezzi di pagamento diversi dal denaro contante, che ne garantiscano la tracciabilità. A tal fine, il “compro oro” è tenuto ad utilizzare un conto corrente dedicato in via esclusiva a tali operazioni.
Per gli esercenti attività di commercio al minuto e simili o gli agenti di viaggio il limite al contante, invece, è elevato a 10mila euro. Si precisa , però, che il limite opera solo per i trasferimenti aventi ad oggetto l’acquisto di beni e prestazioni di servizi legati a turismo ed effettuati da soggetti extracomunitari che abbiano residenza fuori dal territorio italiano.
Nel settore dei giochi, è possibile utilizzare il contante per giocate fino a 3mila euro, così come per le relative vincite.