Controlli e liti

GUIDA ALLA MANOVRA/2 - Chiusura liti, test convenienza sui costi

di Luigi Lovecchio

Disco verde alla definizione agevolata delle liti pendenti, ma solo per quelle instaurate contro l’agenzia delle Entrate. Il decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, contenente la manovra correttiva, aggiunge una nuova forma di rottamazione pensata per dare una chance ai soggetti che non possono aderire alla sanatoria con Equitalia. Si tratta tuttavia di una misura con scarso appeal, almeno per due ordini di motivi. Da un lato, perché considera irrilevanti le pronunce depositate medio tempore. Dall’altro, perché, con riferimento alle liti aventi a oggetto le sole sanzioni, è irragionevolmente più onerosa della rottamazione di Equitalia. Vediamo comunque di che si tratta.

Ambito soggettivo e oggettivo

Rientrano nella nuova definizione agevolata unicamente le controversie tributarie che hanno come controparte l’agenzia delle Entrate. Restano quindi escluse non solo le liti non tributarie e quelle contro gli enti locali, ma anche le impugnazioni promosse avverso l’agente della riscossione. Quest’ultima esclusione appare peraltro del tutto illogica, ancor più se riguardata alla luce della sanatoria dei ruoli.

Sotto il profilo temporale, occorre che vi sia stata la costituzione in giudizio del contribuente entro il 31 dicembre 2016. Non basta dunque l’invio del ricorso, ma è necessario che, entro la suddetta data, vi sia stato anche il deposito dello stesso in Commissione tributaria provinciale. Non possono beneficiare dell’abbattimento di legge le controversie per le quali, alla data di presentazione della domanda, sia intervenuta una pronuncia definitiva.

A stretto rigore, dovrebbero pertanto essere ammesse, tra le altre, le liti già discusse in Cassazione, per le quali la sentenza non sia stata ancora depositata. Se così fosse, vi potrebbe essere interesse del contribuente ad anticipare i tempi di presentazione della domanda, per prevenire la pubblicazione della sentenza di legittimità. Sono inoltre esclusi tutti i procedimenti che abbiano a oggetto dazi, accise, Iva all’importazione e il recupero di aiuti di Stato alle imprese.

Lo sconto di legge

L’importo dovuto ai fini della definizione comprende l’intero ammontare dei tributi accertati che sia stato oggetto di impugnazione nonché gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, conteggiati fino al sessantesimo giorno dalla notifica dell’atto impositivo.

Il beneficio è pertanto rappresentato dall’azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora. Se però la contestazione ha riguardato solo una parte dell’atto impugnato, la definizione non potrà investire la quota resasi definitiva. Inoltre, se l’impugnazione aveva a oggetto le sanzioni non collegate al tributo (sanzioni per violazioni di carattere formale) e/o gli interessi di mora, la definizione comporta il pagamento di una cifra pari al 40% dell’importo complessivo.

Dal quantum da versare, si scomputano le somme già pagate in pendenza di giudizio. La definizione comporta tuttavia la non ripetibilità degli importi già versati, anche se maggiori del costo della sanatoria. Ne consegue che, ad esempio, in caso di impugnazione di una cartella di pagamento, se il contribuente ha già pagato tutto nelle more del giudizio, non vi sarà alcun interesse ad aderire alla nuova sanatoria.

La procedura

Per accedere alla definizione, occorre presentare una apposita domanda, entro il 30 settembre prossimo, e versare l’intero importo dovuto o la prima rata, pari al 40% del totale, entro il medesimo termine. È richiesta una istanza per ciascuna controversia. A tale fine, si considera ogni singolo atto impugnato. Ne deriva che in caso di ricorsi cumulativi, contro più atti, nonché di sentenze emesse a seguito della riunione di più procedimenti, le domande dovranno essere comunque distinte.

Il versamento totale deve avvenire in un massimo di tre rate, scadenti a settembre e novembre 2017 e a giugno 2018. La disciplina dei pagamenti è quella dell’accertamento con adesione. Ciò significa che sarà possibile pagare con il modello F24, eventualmente compensando la cifra dovuta con altri crediti d’imposta. In questo modo, inoltre, risulta applicabile l’istituto del lieve inadempimento. Di conseguenza il versamento della prima rata eseguito con un ritardo non superiore a sette giorni è comunque valido.

L’agenzia delle Entrate deve esaminare le domande e i versamenti e notificare l’eventuale diniego della definizione non oltre il 31 luglio 2018. Avverso il diniego è ammesso ricorso, secondo le modalità ordinarie. È inoltre espressamente previsto che la definizione effettuata da uno dei coobbligati estingue il debito di tutti gli altri, anche se rimasti inerti nei riguardi dell’atto impositivo. Resto però fermo che non può darsi luogo alla restituzione di somme versate medio tempore.

Sospensione dei termini

I processi in corso non sono sospesi ope legis. Allo scopo, occorre una apposita domanda del contribuente. In tale eventualità, il processo è sospeso sino al 10 ottobre 2017. Se il contribuente si è avvalso della definizione, depositando copia dell’istanza e del pagamento della prima rata la sospensione prosegue sino al 31 dicembre 2018.

I termini di impugnazione delle sentenze e riassunzione dei procedimenti relativi alle controversie potenzialmente definibili che scadono tra la data di entrata in vigore del decreto legge (cioè ieri) fino al 30 settembre prossimo sono sospesi per sei mesi. In caso di presentazione dell’istanza in pendenza del termine per l’impugnazione della sentenza, quest’ultima può essere proposta entro 60 giorni dalla notificazione del diniego della definizione agevolata.

La manovra fiscale - Dl 50 del 24 aprile 2017

Il calendario delle sanatorie

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