Controlli e liti

I compensi degli amministratori reversibili e riversati si tassano sul datore

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di Massimo Romeo

Ai sensi dell’articolo 50, comma l, lettera b), del Tuir «i compensi, reversibili e riversati al datore di lavoro, percepiti dagli amministratori (in qualità di dipendenti), non costituiscono reddito per il dipendente ma per il datore di lavoro, assumendo la qualificazione giuridica del reddito prodotto da quest’ultimo, nel cui ambito vanno a collocarsi».
Questo il principio che emerge dalla sentenza 6357 depositata il 13 novembre 2017 dai giudici della Commissione tributaria provinciale di Milano ( pres. Fugacci – relatore Chiametti).

La vicenda

Il caso in esame riguardava l’impugnazione da parte di una Spa di un avviso di accertamento, emesso dall’agenzia delle Entrate, attraverso il quale venivano contestate omesse ritenute , oltre sanzioni, su compensi erogati a soggetti non residenti.; la controversia traeva origine da una verifica fiscale condotta dalla GdF nella quale i verificatori contestavano la contabilizzazione, come componente negativo, degli emolumenti agli amministratori erogati da parte di società francesi, datrici di lavoro degli amministratori in questione.
La società , fra le varie eccezioni proposte, riteneva che tali compensi erano tassabili nel paese di origine degli amministratori ( la Francia) in quanto la fattispecie era da inquadrare nell’ambito dell’articolo 50, comma l, lettera b) del Tuir il quale dispone che se i redditi sono reversibili, ovvero vengono riversati al datore di lavoro, i compensi non sono redditi per il dipendente ma per il datore di lavoro, assumendo la qualifica di redditi d’impresa, in considerazione del disposto di cui all’articolo 81 del Tuir , a nulla rilevando il fatto che la società percettrice sia un soggetto residente o meno; pertanto deduceva che per i redditi d’impresa il criterio territoriale è quello previsto dall’articolo 23 del Tuir e, non essendoci una stabile organizzazione, nessun reddito poteva essere tassato in Italia.
L’Ufficio, al contrario, difendeva l’atto impositivo emesso sostenendo che :

• l’articolo 16 della Convenzione Italia/Francia prevedeva la tassazione in Italia pari al 30% dei compensi;

• il riversare per l’intero , alle società datrice di lavoro non residenti, il compenso percepito in Italia dagli amministratori non residenti, per via di un accordo privatistico, non poteva essere idoneo ad eludere la tassazione in Italia;

•le prestazioni degli amministratori in questione, non rientrando nei compiti istituzionali dell’attività svolta alle dipendenze delle società francesi, dovevano essere inquadrate tra le attività che producevano redditi assimilabili a quelli di lavori dipendente a norma dell’articolo 50, comma l, lett. c-bis) del TUIR;
• trattandosi di redditi di soggetti non residenti, gli stessi erano imponibili in Italia a condizione che ricorrano i requisiti per radicare la potestà impositiva in Italia.

La sentenza

Il Collegio ambrosiano decide di accogliere il ricorso della società considerando dirimente la qualificazione giuridica dei compensi in quanto risulta pacifico che gli stessi sono stati corrisposti alle società francesi, datrici di lavoro degli amministratori; le cariche sono state conferite agli stessi, così come avviene nella grande parte dei gruppi societari internazionali, in quanto dipendenti di società del gruppo e in relazione a tale qualità. Pertanto, chiosano i giudici, la fattispecie in esame va inquadrata, diversamente da come ritenuto dall’ufficio, nell’ambito di applicazione dell’articolo 50, comma l, lettera b), del Tuir, che considera da «assimilare ai redditi di lavoro dipendente le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato»; di conseguenza, se reversibili e riversati al datore di lavoro, i assumendo la qualificazione giuridica del reddito prodotto da quest’ultimo, nel cui ambito vanno a collocarsi (ergo reddito d’impresa poiché percettrici dei compensi reversibili e riversati, nel caso de quo, erano società commerciali).
La Commissione ritiene altresì dirimente il disposto dell’articolo 7, paragrafo l, della Convenzione Italia/Francia, in base al quale i redditi d’impresa sono imponibili soltanto nello stato di residenza del percettore, salvo che questi disponga di una stabile organizzazione, che nel caso di specie non esisteva.

Ctp Milano, sentenza 6357 del 13 novembre 2017

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