Contabilità

I costi figurativi per i volontari iscritti entrano nel calcolo della secondarietà

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di Gabriele Sepio

Arriva il via libera della Cabina di regia sul decreto attuativo per le attività diverse degli enti del terzo settore e le linee guida per il bilancio sociale. L’organo si è riunito ieri per la prima volta a Palazzo Chigi e in futuro sarà chiamato ad intervenire su altri aspetti rilevanti per disciplinare le attività del settore. Per l’emanazione dell’atteso decreto sulle attività diverse bisognerà ora aspettare il parere del Consiglio di Stato, mentre le linee guida sul bilancio sociale sono giunte praticamente al traguardo: manca solo la firma del ministro del Lavoro (si veda articolo a destra). In attesa di questi step, gli enti del terzo settore (Ets) potranno iniziare a prendere confidenza con le nuove regole

L’articolo 6 del Dlgs 117/2017 introduce la possibilità per gli Ets di svolgere attività diverse da quelle istituzionali, purché strumentali e secondarie. Il decreto mira a chiarire proprio questi due concetti.

La strumentalità ricorre ogniqualvolta l’attività diversa venga esercitata per la realizzazione delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dell’ente; caratteristica, questa, che prescinde dalla tipologia di attività diversa nonché dal grado di connessione con quella istituzionale. Come si legge nella relazione illustrativa al decreto, la strumentalità è, dunque, implicita rispetto a qualsiasi analisi funzionale: posto che gli Ets sono sempre obbligati a reinvestire utili/avanzi di gestione nell’attività di interesse generale, qualsiasi attività diversa sarà sempre strumentale nella misura in cui sia diretta a procurarsi i mezzi necessari per il perseguimento degli scopi istituzionali.

Altro discorso per il requisito della secondarietà. Il decreto introduce due parametri quantitativi, da utilizzare alternativamente per verificare il ricorrere di questa condizione: i ricavi da attività diverse non devono essere superiori o al 30% delle entrate complessive dell’ente oppure al 66% dei costi complessivi.

La disposizione riprende due limiti già noti al mondo no profit, il primo previsto dal Dlgs 112/2017 per le imprese sociali e il secondo dalla normativa Onlus (Dlgs 460/1997). L’organo amministrativo deve evidenziare il criterio utilizzato in concreto per documentare il carattere secondario delle attività diverse in sede di bilancio (come previsto dall’articolo 13, comma 6, del Dlgs 117/2017).

Ai fini del calcolo, si legge nella relazione illustrativa, per ricavi devono intendersi solo i corrispettivi per beni/servizi ceduti o scambiati dall’ente, mentre nel concetto di entrate complessive rientrano tutti i tipi di entrate, quali ad esempio quote associative ed erogazioni liberali.

Sul fronte dei costi, invece, è lo stesso decreto a fornire una specificazione: rientrano nei costi complessivi anche quelli figurativi relativi all’impiego di volontari iscritti nell’apposito registro; le cessioni/erogazioni gratuite di denaro, beni o servizi per il loro valore normale; la differenza tra il valore normale dei beni/servizi acquistati per l’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.

Ben definite sono anche le conseguenze del mancato rispetto dei criteri di secondarietà. Il superamento dei limiti deve essere segnalato all’ufficio del Registro unico nazionale entro 30 giorni dalla data di approvazione del bilancio. Inoltre, per l’esercizio successivo a quello in cui si è verificato detto superamento, l’ente deve adottare un rapporto tra attività secondarie e istituzionali in grado di “recuperare” l’eccedenza maturata nell’esercizio precedente. Per esempio, se l’ente ha ottenuto ricavi da attività diverse pari al 40% delle entrate complessive, nell’esercizio successivo dovrà avere un rapporto non superiore al 20%, per “recuperare” lo sforamento registrato nell’esercizio precedente.

La violazione di uno di questi obblighi comporterà la cancellazione dal Registro unico nazionale del terzo settore.

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