Il confronto con altri servizi aiuta la difesa
Poiché si tratta normalmente di erogazione di servizi, non è sempre semplice per il contribuente italiano provare che nel suo caso non si tratta di fatture false ma di documenti emessi a fronte di operazioni realmente avvenute. Anche perché, l’assenza di una e vera propria struttura dedicata all’attività svolta (spesso questi soggetti hanno sede presso studi professionali o altri uffici) non necessariamente comporta l’inesistenza dell’esecuzione dei servizi fatturati potendosi svolgere attraverso consulenti e collaboratori
La prima e più immediata difesa del contribuente consiste in genere nell’evidenziare che se il soggetto estero ha emesso delle false fatture come dichiarato da altri contribuenti italiani, non necessariamente tutte le fatture dalla struttura estera debbano ritenersi fittizie e quindi l’ufficio non può basare le proprie contestazioni solo su questa circostanza.
Per quanto concerne gli aspetti fiscali, trattandosi di contestazioni relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, secondo la giurisprudenza di legittimità, in linea con i principi della Corte di giustizia, l’amministrazione è tenuta a provare che la transazione (nella specie di norma i servizi) oggetto della fattura, non sia mai stata posta in essere.
A tal fine sono sufficienti anche solo presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Pertanto l’assenza di una struttura da parte del soggetto estero e le dichiarazioni rese attraverso la voluntary di altri contribuenti italiani possono ritenersi sufficienti per l’assolvimento dell’onere probatorio dell’ufficio. A questo punto il contribuente deve dimostrare, con adeguata prova contraria, l’effettività dell’operazione tenendo presente che l’avvenuto pagamento con modalità tracciate non è ritenuto di per sé sufficiente a superare la contestazione del fisco. È il caso ad esempio della corrispondenza con la struttura estera o con i suoi collaboratori/consulenti da cui sia possibile evincere l’attività svolta ed ancora l’eventuale utilità sotto il profilo economico tratta da tali prestazioni.
In presenza di contestazione di sovrafatturazione (e non di inesistenza totale dell’operazione) potrebbe essere utile confrontare il corrispettivo di tali servizi, con analoghe prestazioni offerte sul mercato da altri fornitori.
Occorre poi considerare che se da tali elementi emerge l’effettiva esecuzione delle prestazioni ai fini fiscali l’eventuale qualificazione dell’operazione come soggettivamente inesistente (in virtù del fatto che ad esempio la struttura estera non ha sede propria o dipendenti) non comporta l’indeducibilità del costo, né la ripresa dell’Iva. Si tratta infatti di operazioni estere o intracomunitarie che non sono soggette ad Iva ovvero potrebbero scontare (fossero vere) lo speciale regime di inversione contabile (reverse charge).
In conseguenza della modifica normativa del 2015, però, pur trattandosi di fatture false, in sede di accertamento vanno espunti sia il debito sia la detrazione eventualmente computati nelle liquidazioni e va applicata una sanzione tra il 5 e il 10% dell’imponibile (circolare 16/E/2017).