Imposte

Il credito d’imposta premia anche la ricerca dall’estero

immagine non disponibile

di Emanuele Reich e Franco Vernassa

In linea di principio, il credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo spetta ai soggetti che investono risorse in tali attività, sia svolgendole direttamente, sia commissionandole a terzi, sostenendone i relativi costi, assumendone il rischio e avvalendosi degli eventuali risultati, come confermato dalla circolare 13/E del 27 aprile 2017 , che ha commentato le novità introdotte dalla legge 232/2016.
Una delle principali novità è costituita dal nuovo comma 1-bis dell’articolo 3, Dl 145/2013, che ha ora lo scopo di non penalizzare (anzi, di premiare) la localizzazione in Italia della ricerca commissionata da un soggetto estero, e cioè l’insourcing di ricerca dall’estero all’Italia.
Infatti, con decorrenza dall’esercizio 2017, il credito di imposta spetta anche alle imprese residenti, o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, che eseguono le attività di ricerca e sviluppo tramite contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al Dm 4 settembre 1996, che consentono lo scambio di informazioni. In pratica, nel solo caso della ricerca commissionata dall’estero all’Italia l’agevolazione spetta alla società commissionaria, ossia, il soggetto commissionario residente che esegue attività di ricerca e sviluppo per conto di committenti non residenti viene ad essere equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che effettua investimenti in proprio in attività di ricerca e sviluppo.
Prima della legge 232/2016 e quindi fino all’esercizio 2016, il principio generale di applicazione del credito R&D comportava che essendo esclusi dal novero dei beneficiari i soggetti che effettuavano attività di ricerca e sviluppo su commissione di terzi, nell’ipotesi di ricerca commissionata da un’impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel territorio dello Stato italiano, ad un’impresa residente (o alla stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente), né la prima, per mancanza del presupposto della territorialità, né le seconde, commissionarie dell’attività, potevano beneficiare del credito d’imposta.
In relazione alla novità sopra indicata, numerosi ed opportuni sono i chiarimenti offerti dalla circolare 13/E, paragrafo 1.6 .
Innanzitutto, si precisa che analogamente a quanto avviene per l’impresa che effettui investimenti in proprio, il soggetto commissionario residente che esegue le attività su commessa estera dovrà anzitutto verificare che le attività di ricerca e sviluppo oggetto del contratto rientrino tra quelle eleggibili. In caso affermativo, il commissionario dovrà assumere, ai fini della determinazione del beneficio spettante, le sole spese riconducibili alle categorie di costi ammissibili di cui alle lettere a), b), c) e d),comma 6, articolo 3 del Dl 145/2013. Non assume rilevo il corrispettivo contrattuale pattuito con il committente estero, così come non assume rilievo il mark up applicato dalla società commissionaria residente alla società committente estera del Gruppo.
Inoltre, tali spese rilevano secondo le medesime regole ordinariamente previste dalla disciplina agevolativa, e dovranno essere documentate con le stesse modalità; in particolare, la loro imputazione temporale avviene nell’esercizio di sostenimento, secondo le regole dell’articolo 109 del Tuir; pertanto, l’imputazione temporale non avviene considerando la chiusura della commessa estera, o gli eventuali suoi S.A.L., ancorché essi siano previsti dal contratto stipulato con il soggetto estero.
Con opportuna e lodevole interpretazione estensiva, si chiarisce poi che l’ampliamento dell’agevolazione spetta non solo in relazione ai contratti stipulati a decorrere dal 2017, di entrata in vigore della novità, ma anche per le spese sostenute nel periodo 2017-2020 in relazione a contratti stipulati prima del 2017.
La nuova disposizione si applica sia nell’ipotesi di contratto di ricerca stipulato con una controparte contrattuale indipendente, sia nell’ipotesi in cui il contratto sia stipulato con una parte correlata, come nel caso di contratto tra la società capogruppo estera e la società controllata italiana dedita alle attività di ricerca e sviluppo. Inoltre, l’estensione opera anche nel caso in cui le spese siano sostenute da una stabile organizzazione in Italia in esecuzione degli accordi intercorrenti con la casa madre estera; il committente non residente può essere anche un’Università o un altro ente o organismo di ricerca non residente, ivi inclusi gli organismi comunitari, ovvero un ente non commerciale.
Naturalmente, l’inclusione della fattispecie della ricerca commissionata dall’estero fra quella agevolata comporta, in base al principio dell’omogeneità, che nella media 2021-2014 debbano essere inclusi anche i costi riferibili a tale tipologia di attività.

Circolare 13/E del 27 aprile 2017 - Credito d’imposta per attività di ricerca & sviluppo

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©