Controlli e liti

Il dolo o la colpa degli uffici creano un danno all’Erario

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

I casi esaminati dalla giurisprudenza di legittimità hanno avuto in genere ad oggetto una richiesta di risarcimento danni da parte di contribuenti cui erano stati annullati in ritardo accertamenti infondati.

I principi espressi valgono a maggior ragione nelle ipotesi in cui non ci sia stato l’annullamento dell’atto illegittimo o sia intervenuto solo successivamente all’avvio del contenzioso tributario.

Se in qualche modo l’amministrazione in presenza di contestazioni palesemente illegittime ha dovuto corrispondere delle somme o rinunciare ad incassarle, l’ulteriore aspetto che potrebbe presentarsi attiene al danno erariale cagionato dal dipendente. In via generale, tale tipo di responsabilità, la cui giurisdizione esclusiva è della Corte dei conti, si può ipotizzare in presenza di fatti ed omissioni commessi da pubblici dipendenti con dolo e con colpa grave.

Fanno eccezione i casi delle valutazioni di diritto e di fatto operate ai fini delle definizioni tributarie (reclamo, transazione fiscale, accertamento con adesione, conciliazione giudiziale) per le quali (ex articoli 29, comma 7 del Dl 78/2010) la responsabilità erariale è limitata alle sole ipotesi di dolo.

Vi sono però vari casi del tutto estranei alle citate procedure definitorie in cui emerge in modo abbastanza evidente almeno la negligenza di chi ha operato. Si pensi ad esempio alle ipotesi in cui l’ufficio annulli l’atto solo una volta che il contribuente ha presentato il ricorso con pagamento degli onorari al proprio difensore e del contributo unificato, e, per questo, viene condannato al risarcimento delle spese legali, o ancora alle varie rettifiche ritenute univocamente illegittime dalla Suprema corte: valga per tutti il caso del raddoppio dei termini ai fin Irap o ancora il mancato riconoscimento del non assoggettamento a Irap di determinate attività professionali, ecc.

Se l’amministrazione per questi episodi viene condannata dal giudice tributario alla rifusione delle spese, appare indubbio che sia stato cagionato un danno all’erario evitabile applicando i normali canoni della diligenza (celerità nell’annullamento dell’atto illegittimo, uniformità alle pronunce della Corte di cassazione).

Al contrario si verificherebbe la singolare circostanza che, alla fine, l’errore colpevole del funzionario graverebbe comunque sui contribuenti. Nei casi più gravi, poiché la competente procura regionale della Corte dei conti difficilmente viene a conoscenza della vicenda, il contribuente potrebbe segnalare l’accaduto rappresentando la data in cui gli sono state rimborsate le somme che segna il momento di decorrenza della prescrizione quinquennale del danno erariale.

Si tratta ovviamente di rimedi che mal si conciliano con un rapporto costruttivo tra fisco e contribuente, tuttavia, non di rado, taluni uffici agiscono in modo deresponsabilizzato sicuri del fatto che, alla fine, se il contribuente dovesse aver ragione, al più, il giudice tributario gli accorderà le spese legali (gravanti sempre sulla collettività). In questi casi così gravi, questi rimedi potrebbero, in qualche modo, far riflettere gli operanti di dover rispondere in proprio della contestazione consapevolmente illegittima e del ritardo del suo annullamento.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©