Imposte

Il rimpatrio entro il 2 luglio «vale» gli sgravi ai lavoratori

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di Davide Cagnoni, Angelo D’Ugo e Alessandro Germani

Le agevolazioni fiscali finalizzate all’ingresso e al rientro dei lavoratori dall’estero in Italia sono una leva importante per rendere attraente il nostro Paese. Questi benefici hanno un duplice profilo di interesse: da un lato, mirano a incentivare i soggetti interessati a trasferirsi da un Paese Ue o extra Ue, o a rientrare in Italia dopo un periodo di permanenza all’estero; dall’altro, offrono al datore di lavoro italiano la possibilità di sfruttare gli incentivi fiscali per favorire l’assunzione in Italia e ottenere, così, importanti vantaggi in termini di maggiori professionalità e competenze.

VEDI IL GRAFICO: Gli esempi di agevolazioni

In virtù delle modifiche introdotte dalla legge 232/2016, dal 2017 gli incentivi sono stati resi permanenti, superando il carattere di eccezionalità che li aveva contraddistinti in passato, e sono disciplinati:

- dall’articolo 44 del Dl 78/2010, relativo al rientro in Italia di docenti e ricercatori (il “rientro dei cervelli”) residenti all’estero, che consente di escludere da tassazione il 90% del reddito di lavoro dipendente o autonomo prodotto in Italia per quattro periodi d’imposta;

- dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015 destinato a laureati, manager e lavoratori con alta qualificazione che si trasferiscono in Italia per rivestire ruoli direttivi o di elevata specializzazione (i lavoratori “impatriati”). Questo regime, applicabile dal 2016 solo ai dipendenti, è stato esteso dal 2017 anche ai lavoratori autonomi e, nella versione attuale, in seguito al potenziamento introdotto dall’articolo 1 comma 150 della legge 232/2016, prevede la detassazione del 50% (30% per il 2016) del reddito di lavoro dipendente o autonomo prodotto in Italia per cinque periodi d’imposta.

Con il prossimo 31 dicembre si chiude, invece, l’esperienza del regime rivolto ai “contro-esodati” (legge 238/2010) foriero nel tempo di diverse criticità applicative, intensificate per via della difficile transizione al nuovo regime per i lavoratori “impatriati”e oggetto di recente revisione da parte dell’articolo 8-bis della legge di conversione del Dl 148/2017. Infatti, attraverso le ultime modifiche, è stata prevista retroattivamente per il 2016 l’applicazione del più favorevole regime della legge 238/2010 anche per i contro-esodati che hanno optato per il nuovo regime degli “impatriati” entro lo scorso 2 maggio 2017, con conseguente possibilità di chiedere a rimborso le maggiori imposte versate in tale anno.

Tenuto conto dei dubbi interpretativi derivanti dalle numerose modifiche susseguitesi nel tempo, la presenza delle condizioni per beneficiare delle agevolazioni in capo ai richiedenti deve essere attentamente vagliata, tenuto conto anche dell’obbligo di rilasciare una dichiarazione sostituiva in base al Dpr 445/2000, attestante i requisiti previsti dalla norma.

La decorrenza

In primo luogo (si veda anche l’articolo a lato), la circolare delle Entrate 17/E/2017 ha chiarito che gli incentivi si applicano dal periodo d’imposta in cui il soggetto diviene fiscalmente residente in Italia. Poiché, quindi, per le persone fisiche il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, un soggetto che si è trasferito in Italia dopo il 2 luglio 2017 non può usufruire delle agevolazioni, poiché non può essere considerato fiscalmente residente per quest’anno, non avendo totalizzato 183 giorni.

L’attività

Quanto all’attività da svolgere in Italia, la norma destinata ai docenti e ricercatori richiede genericamente che gli stessi – dopo aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi – avviino un’analoga attività nel nostro Paese. Nulla viene, invece, disposto sui requisiti dei datori di lavoro e dei committenti. Pertanto l’attività può essere condotta presso università (pubbliche o private), centri di ricerca o imprese che operino nella ricerca.

In relazione, invece, al regime destinato agli “impatriati”, l’attività di lavoro dipendente deve essere svolta presso imprese residenti nel territorio dello Stato. Poiché la nozione di impresa comprende qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica intesa come offerta di beni e servizi sul mercato, a prescindere dal suo status giuridico e dalle dimensioni, l’assunzione dei soggetti che rivestono ruoli direttivi o dei lavoratori qualificati o specializzati può avvenire anche da parte delle Pmi. Inoltre, è stato confermato che, previo trasferimento della residenza, il regime è applicabile anche ai lavoratori distaccati in Italia da un’altra società estera del gruppo e che, quindi, già svolgevano una attività lavorativa nel territorio dello Stato.

Per i lavoratori autonomi, infine, nell’interrogazione parlamentare del 14settembre 2017, n. 5-12154, il Mef ha chiarito, in senso sfavorevole, che l’accesso al regime di favore non è ammesso qualora gli stessi siano stati fiscalmente residenti in Italia prima del 2017.

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