Controlli e liti

Il socio della controllata non rientra tra quelli da «risarcire» in caso di abuso

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di Roberto Bianchi

Il comma 3 dell’articolo 2497 del Codice civile non individua una condizione di procedibilità nell’azione avverso la società che esercita l’attività di direzione e coordinamento, costituita dalla infruttuosa escussione, da parte del socio della società controllata, del patrimonio di questa o dalla preventiva formale richiesta risarcitoria a essa rivolta, avendo il legislatore posto unicamente a carico alla società capogruppo l’obbligo di risarcire i soci esterni danneggiati attraverso l’abuso dell’attività di direzione e coordinamento.
A tale conclusione è giunta la prima sezione civile della Corte di Cassazione attraverso la sentenza 29139/2017 depositata in cancelleria il 5 dicembre 2017.
Nel dettaglio la Corte di Appello di Messina aveva confermato la decisione del Tribunale della medesima città, che aveva dichiarato l’improcedibilità della domanda proposta, ai sensi del comma 1, articolo 2497 del Codice civile, avverso la società controllante, in quanto la procedibilità della domanda dei soci della controllata, finalizzata alla condanna della capogruppo al risarcimento del danno per la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, risulta essere subordinata alla preventiva escussione del patrimonio della controllata medesima.
Avverso la Sentenza di appello la ricorrente principale ha proposto ricorso, accolto dai Giudici del Palazzaccio in quanto, lo statuto giuridico della società eterodiretta, come qualificato dall’articolo 2497 del Codice civile, è stato talora definito “ambivalente” considerato che, nell’ambito dei primi tre commi della disposizione menzionata, la stessa sembra passare dalla posizione di soggetto abusato titolare della tutela – sanzionando il primo comma la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale della dominata – a quella di soggetto che, ai sensi del terzo comma, in prima battuta pare chiamato a eliminare il pregiudizio patito dai soci di minoranza. Secondo quest’ultima previsione, infatti, il socio e il creditore sociale hanno titolo per agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta all’attività di direzione e coordinamento.
La Suprema Corte ha affermato in passato (sentenza 12254/2015) che la società la quale, ai sensi del 2497 del Codice civile., abbia abusato dell’attività di direzione e coordinamento e che per tale motivo sia stata chiamata a rispondere ai fini del risarcimento del danno derivante dal cattivo esercizio del potere di direzione sulla società eterodiretta, non possa dirsi condebitrice solidale con la stessa in forza del terzo comma di tale disposizione e, di conseguenza, non risulta essere obbligata al pagamento dei debiti insoddisfatti verso i creditori della medesima. Di conseguenza la responsabilità della holding non può aggiungersi a quella gravante in primis sulla dominata, non riconoscendo la circostanza che, sul menzionato comma, possa fondarsi la ricostruzione di una responsabilità della società controllante sussidiaria rispetto a quella della società eterodiretta, di tipo patrimoniale, per i debiti non soddisfatti della stessa.
Il collegio di legittimità ha ritenuto pertanto che l’articolo in esame non preveda una condizione di procedibilità dell’azione del socio avverso la società che esercita l’attività di direzione e coordinamento, costituita dall’infruttuosa escussione della società controllata (beneficium escussionis) ne tantomeno il beneficium ordinis, in assenza di rapporto obbligatorio solidale nel debito risarcitorio. Di conseguenza, se non sussiste un beneficio di escussione, in via di cognizione o di esecuzione, né un onere formale di messa in mora stragiudiziale della controllata, il socio non è neppure titolare della pretesa di essere da questa risarcito per fatto altrui (pur godendo delle azioni ex articoli 2393 bis, 2395 e 2476 del Codice civile averso gli amministratori della dominata, nonché eventualmente delle azioni risarcitorie per la cosiddetta responsabilità deliberativa, nella riforma sostitutive della tutela reale caducatoria, ai sensi degli articoli 2377 comma 4, 2378 comma 2, 2379 ter comma 3 eccetera), ossia non ha azione risarcitoria con quel petitum e causa petendi avverso la società eterodiretta, priva di legittimazione passiva, sia pure quale coobbligata, nell’azione risarcitoria per direzione abusiva ex articolo 2497 del Codice civile, avendo il legislatore posto unicamente in capo alla società capogruppo l’obbligo di risarcire i soci esterni danneggiati dall’abuso dell’attività di direzione e coordinamento.

Cassazione, sentenza 29139/2017

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