Imposte

Interessi passivi, fuori dal Rol i dividendi da controllate estere

immagine non disponibile

di Giacomo Albano

Deducibilità degli interessi passivi a rischio per le holding industriali che controllano società estere . È la conseguenza dell’ articolo 85 del Ddl Bilancio , che rivede in senso restrittivo le regole di deducibilità degli interessi passivi dei soggetti Ires che detengono partecipazioni in società non residenti.

L’intervento è attuato attraverso l’abrogazione dell’ultimo periodo dell’articolo 96, comma 2, del Tuir, nella parte in cui prevede la possibilità di incrementare il risultato operativo lordo (Rol) in misura pari ai dividendi relativi a società controllate non residenti. Una modifica che, peraltro, avrà effetti dal periodo d’imposta 2017 (in deroga allo Statuto del contribuente), penalizzando in maniera retroattiva i gruppi con partecipate estere.

Per meglio comprendere la portata delle modifiche è necessario fare un passo indietro. L’articolo 96 del Tuir prevede che gli interessi passivi, per la parte che eccede gli interessi attivi, possano essere dedotti fino a concorrenza del 30% del risultato operativo lordo (Rol) della gestione caratteristica. Se l’ammontare degli interessi passivi netti è superiore al 30% del Rol, l’eccedenza è deducibile nei periodi d’imposta successivi. Allo stesso modo, la quota di Rol non utilizzata in un periodo d’imposta può incrementare il Rol dei periodi successivi.

In caso di opzione per il consolidato domestico, è possibile compensare le eccedenze di interessi passivi con le eccedenze di Rol dei soggetti aderenti alla tassazione di gruppo (articolo 96, comma 7). In tal modo le holding industriali possono dedurre gli interessi sui finanziamenti contratti per l’acquisto delle società controllate.

Nella sua versione originaria (post riforma del 2008), l’articolo 96 del Tuir consentiva di includere “virtualmente” nel consolidato nazionale - ai soli fini della deducibilità degli interessi passivi - i risultati operativi delle partecipate estere, in presenza di determinati requisiti (comma 8). La finalità della norma era quella di non discriminare le holding industriali in possesso di partecipazioni di controllo in società estere - che non potevano optare per il consolidato fiscale - rispetto a quelle che controllano società italiane.

Tale possibilità è venuta meno dal periodo d’imposta 2016, per effetto del decreto internazionalizzazione (Dlgs 147/2015), che ha abrogato il comma 8 dell’articolo 96. Secondo le intenzioni del legislatore, la finalità di non discriminare gli investimenti in società estere era garantita dalla nuova formulazione del comma 2 dell’articolo 96, che prevedeva, appunto, che nel calcolo del risultato operativo lordo si tenesse conto dei dividendi provenienti da società controllate non residenti. In tal modo, come evidenziava la relazione al Dlgs 147, la deduzione degli interessi passivi sarebbe stata riconosciuta in funzione dei soli «flussi finanziari di ritorno effettivamente correlati all’investimento partecipativo estero», quali appunto i dividendi.

Con la modifica introdotta dal Ddl viene quindi eliminata – dopo solo un anno dalla sua entrata in vigore - la possibilità di includere i dividendi da controllate estere nel computo del Rol, con la conseguenza che le holding italiane con partecipate estere avranno minori possibilità di dedurre interessi passivi rispetto a quelle che controllano imprese italiane e che potranno utilizzare il Rol delle controllate nell’ambito del consolidato fiscale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©