L’affitto non deve ledere i creditori dell’azienda
Per la Cassazione il contratto di affitto di azienda stipulato in prossimità della sentenza dichiarativa di fallimento integra, o meglio può integrare, la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, di cui all'articolo 216 della legge fallimentare (regio decreto 267/1942). Lo ribadisce la sentenza 9768/2018 della sezione penale della Cassazione, nel solco di un orientamento decennale (si veda, tra le altre, la sentenza 46508/2008).
È opportuno ritornare sull’approccio della Corte nel tracciare il confine di ammissibilità dell’affitto nelle operazioni di gestione della crisi, che spesso lo prevedono quale strumento efficace e funzionale al successo del progetto. Le ragioni di un utilizzo così frequente sono perlomeno due. In primo luogo l’affitto consente di trasferire rapidamente la gestione in capo a soggetto diverso, evitando che il complesso organizzato di beni e rapporti giuridico-aziendali si disgreghi irreparabilmente, e si dissipi buona parte del valore intrinseco dell’azienda, pur sofferente. Nelle crisi si assiste spesso alla diaspora dei dipendenti migliori e degli agenti più efficienti e all’inaridimento dei rapporti con clienti e fornitori. Il trasferimento temporaneo della gestione limita il fenomeno.
In secondo luogo l’affitto dell’azienda consente di arrestare le perdite della gestione, deficitaria, del debitore in crisi, e di consolidare il passivo, evitando nel fallimento l’ampliamento del dissesto e consentendo nel concordato preventivo la formulazione di una proposta che assicuri ai creditori un’utilità individuata ed economicamente valutabile (articolo 161 della legge fallimentare).
Quello che l’affitto non può provocare è un qualsiasi danno al patrimonio del debitore, ed è proprio su questo aspetto che si incardina l’orientamento della Cassazione. Non è ammissibile l’affitto che lasci l’impresa dissestata nell’impossibilità di assumere iniziative, ostacoli la cessione del patrimonio, o depauperi il valore di realizzo, in ogni caso danneggiando i creditori concorsuali.
Su questi punti, quindi, la disciplina convenzionale dell’affitto di azienda deve essere rigorosa. Va riconosciuto agli organi della procedura il diritto di risolvere il contratto, reimmettendo rapidamente il debitore o la procedura nel possesso del complesso aziendale, se necessario per massimizzarne il realizzo.
Infine va esclusa ogni ipotesi di depauperamento, dimensionando correttamente il canone e disciplinando l’obbligo di mantenimento dell’efficienza e di conguaglio finale, di cui all’articolo 2561, commi 2 e 4 del Codice civile. Non pare, in effetti, a priori preclusa la possibilità di ricorrere all’affitto di azienda nella soluzione delle crisi, purché si tutelino solidamente gli interessi del ceto creditorio.