Contabilità

L’assegnazione del fondo al comproprietario con conguaglio non è una compravendita

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di Angelo Busani

Può dirsi ormai consolidato in Cassazione (per effetto della sentenza 7606/2018) l’orientamento secondo cui è divisione, e non compravendita, l’atto con il quale Tizio e Caio, comproprietari in quote eguali del fondo Alfa di valore 200, convengono che tale fondo sia assegnato a Tizio e che questi paghi a Caio (usando proprio denaro personale) un conguaglio di 100.

La differenza tra le due impostazioni è notevolissima perché la legge sull’imposta di registro tassa le divisioni con l’aliquota dell’1 per cento (articolo 34, dpr 131/1986). E così, tornando all’esempio appena formulato:
•se si ragiona in termini di divisione, la tassazione con l’imposta di registro è pari a 200 x 1% = 2;
• se si ragionasse invece in termini di compravendita, il prezzo di 100 (con il quale Tizio “compra” la quota di Caio) sarebbe tassato, a seconda dei casi, con l’aliquota 9% (se Alfa è un edificio: 100 x 9% = 9), con l’aliquota 15% (se Alfa è un terreno agricolo e Tizio non è un coldiretto o uno Iap: 100 x 15% = 15) o con l’aliquota 2% (se Tizio compra la “prima casa”: 100 x 2% = 2).

La tesi adottata dalla sentenza n. 7606/2018, per il vero, era già stata affermata in tre precedenti occasioni, e cioè nelle sentenze n. 17866/2010, n. 20119/2012 e n. 17512/2017.
Se però, di primo acchito, queste sentenze erano sembrate sorprendenti, perché, sborsando il conguaglio di tasca propria, Tizio in effetti assomiglia di più a un compratore che un condividente, ora, appurato che non si tratta più di un episodio estemporaneo, ma di un orientamento stabilizzato, si può riflettere a mente fredda e cogliere il ragionamento della Cassazione in tutta la sua finezza.

In effetti, quando in una divisione si assiste a una dazione di denaro, si prospettano tre possibili ipotesi:

a) si tratta di denaro “comune” ai condividenti: ad esempio, una comunione, in quote eguali tra Tizio e Caio di una somma di denaro di valore 100 e di due immobili (l’edificio Alfa del valore di 200 e l’edificio Beta del valore di 100), viene sciolta assegnando a Tizio l’edificio Alfa e assegnando a Caio la somma di denaro di valore 100 e l’edificio Beta: qui la massa imponibile ai fini dell’imposta di registro è di (100 + 200 + 100 + 100 =) 400 e la tassazione è di 400 x 1% = 4;

b) si tratta di denaro di titolarità solo di un condividente versato per meramente equilibrare le reciproche assegnazioni: ad esempio, una comunione, in quote eguali tra Tizio e Caio di due immobili (l’edificio Alfa del valore di 300 e l’edificio Beta del valore di 100) viene sciolta assegnando a Tizio l’edificio Alfa e assegnando a Caio l’edificio Beta e un conguaglio di 100 a carico di Tizio, al fine di “riequilibrare” le posizioni di Tizio (300 - 100 = 200) e di Caio (100 + 100 = 200); anche qui la massa imponibile è di (300 + 100 =) 400 e la tassazione è di 400 x 1% = 4;

c) si tratta di denaro di titolarità solo di un condividente versato non solo per equilibrare le assegnazioni, ma anche per “premiare” il condividente che lo riceve: ad esempio, una comunione, in quote eguali tra Tizio e Caio di due immobili (l’edificio Alfa del valore di 300 e l’edificio Beta del valore di 100) viene sciolta assegnando a Tizio l’edificio Alfa e assegnando a Caio l’edificio Beta e un conguaglio di 120 a carico di Tizio, con la conseguenza che Tizio esce dalla comunione con (300 – 120 =) 180 e Caio con (100 + 120 =) 220.
Per la tassazione di quest’ultimo caso occorre sottrarre dalla massa di (300 + 100 =) 400 il valore di (220 - 200 =) 20 e cioè il valore che Caio (condividente il quale riceve il conguaglio) ottiene in più rispetto a quanto idealmente gli spetterebbe nella divisione (vale a dire 200, e cioè la metà di 300 + 100 = 400): in sostanza, versando più di quanto serve a equilibrare il valore delle assegnazioni, Tizio con ciò mostra non solo di “dividere” ma anche, in parte, di “comprare”. Con la conseguenza che, ai fini dell’imposta di registro, su (400 – 20 =) 380 bensì si applica l’aliquota dell’1% (= 3,8), ma sul valore 20 si applica l’aliquota del 9% (= 1,8), e cioè un carico impositivo totale maggiore di 4: 3,8 + 1,8 = 5,6.

Cassazione, sentenza 7606/2018

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