Imposte

L’Iva omessa 2016 dribbla il reato

di Antonio Iorio

La scadenza dell’acconto Iva del 27 dicembre segna la data di consumazione del reato di omesso versamento Iva per l’anno precedente, e quindi, nei prossimi giorni, in assenza dei pagamenti dovuti, si realizza il delitto relativo al periodo di imposta 2016.

L’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000 sanziona con la reclusione da sei mesi a due anni, chiunque non versi l’Iva, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo per importi superiori a 250mila euro per ciascun periodo di imposta.

In questi pochi giorni che ci separano dalla scadenza dell’acconto, a seguito anche delle possibilità introdotte dal Dlgs 158/2015 di estinzione del debito tributario costituente reato, si possono verificare, le seguenti principali situazioni nei confronti del contribuente che nel corso del 2016 ha omesso versamenti dell’imposta per un importo complessivo superiore alla soglia di punibilità.

Se entro il 27 dicembre questi versa una somma parziale del debito Iva 2016 così da scendere al di sotto dei 250mila euro, non commette reato. Si pensi al caso in cui l’omissione sia di 280mila euro: versando, entro il prossimo 27 dicembre, 30.001 euro si scende sotto la soglia di punibilità e quindi il reato non è commesso.

Se invece tale parziale pagamento fosse eseguito successivamente al 27 dicembre, il delitto sarebbe comunque consumato in quanto la data cui far riferimento per la quantificazione dell’imposta non versata è la scadenza dell’acconto Iva.

Riprendendo l’esempio precedente, quindi, al 27 dicembre il debito Iva (280.000) è sopra soglia (250.000) e pertanto anche se il contribuente versasse il 28 dicembre 30.001 euro, il reato risulterebbe comunque consumato. La fattispecie di omesso versamento Iva, infatti, ha natura di reato omissivo istantaneo e si perfeziona alla scadenza del termine entro cui deve essere effettuato il pagamento.

In tale contesto assumono rilievo le importanti modifiche introdotte con il Dlgs 158/2015, secondo le quali il reato non è punibile se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, (comprese sanzioni e interessi) viene estinto mediante integrale pagamento del dovuto, anche attraverso conciliazione, adesione o ravvedimento operoso.

Ne consegue così che, decorso infruttuosamente il termine del 27 dicembre il reato è consumato, e il contribuente per estinguerlo, deve versare integralmente il debito riferito ad imposta, interessi e sanzioni, non risultando cioè sufficiente un mero versamento in acconto per scendere sotto soglia.

A tal fine, quindi, il reato non è punibile se il contribuente:

• corrisponde le somme dovute beneficiando del ravvedimento operoso;

• esegue il pagamento a seguito dell’avviso bonario dell’agenzia delle Entrate;

• esegue il pagamento a seguito della ricezione della cartella da parte di Equitalia/agenzia delle Entrate-Riscossione.

Tuttavia va segnalato che in queste ipotesi, anche ove l’interessato avesse avviato un piano di rateizzazione previsto dalla norma fiscale per il versamento del dovuto, ai fini della non punibilità del reato occorre comunque l’integrale pagamento entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.

Va da sé che risulta del tutto irrilevante l’eventuale regolarità nei pagamenti delle rate, poiché è necessaria l’estinzione del debito complessivo.

La norma prevede comunque che se all’apertura del dibattimento di primo grado il debito tributario è in fase di estinzione mediante rateizzazione, è concesso un termine di tre mesi per eseguire i residui versamenti.

Il giudice ha poi la facoltà di prorogare tale termine di ulteriori tre mesi. Ne consegue così che il contribuente in tre ovvero massimo sei mesi, dovrà estinguere integralmente il debito a prescindere dal piano di rateazione iniziato.

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