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Reddito d’impresa, nuovo stress test sulle plusvalenze

L’abbassamento da cinque a tre rate previsto nel testo del Ddl di Bilancio trasmesso in Parlamento riguarda le plusvalenze realizzate dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025

a cura di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware

Il testo bollinato del disegno di legge di Bilancio 2026, approvato dall’esecutivo il 17 ottobre e ora all’esame del Senato in prima lettura, contiene, all’articolo 15, le nuove disposizioni fiscali relative alla rateizzazione delle plusvalenze sui beni strumentali.

Se non ci saranno ulteriori variazioni nel corso dell’iter di approvazione parlamentare, il comma 1, nel sostituire il comma 4, dell’articolo 86 del Tuir, va a modificare la tassazione delle plusvalenze riducendo da cinque a tre il numero di rate in cui è possibile ripartire la tassazione di tali plusvalenze. Le quali, quindi, a partire dal prossimo anno concorreranno a formare il reddito, per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate o, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a cinque anni, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il secondo.

Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.

Resta possibile l’opzione per la tassazione frazionata in cinque esercizi solo per le plusvalenze derivanti da cessione di aziende o rami di azienda detenuti da almeno tre anni ovvero due anni per le società sportive professionistiche. Le relative opzioni devono essere esercitate nella dichiarazione dei redditi.

Il comma 2 stabilisce, inoltre, che nella determinazione degli acconti dovuto per l’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025 si tiene conto dell’imposta che si sarebbe determinata considerando la vigenza delle nuove disposizioni.

A livello di liquidazione dell’imposta, quest’ultima disposizione obbligherà, in presenza di plusvalenze rateizzate, a “riliquidare” per intero la dichiarazione ai fini del calcolo degli acconti.

Ad esempio, una plusvalenza di 10.000 euro, rateizzata in 5 anni, che ha concorso per l’esercizio in corso al 31 dicembre 2025 a formare il reddito per 2.000 euro, concorrerà a formare il reddito rideterminato ai fini degli acconti per 3.333,33 euro, in quanto dovrà essere “virtualmente” rateizzata in tre anni.

Le tecniche utilizzate dai software gestionali realizzati dalle società di software associate ad AssoSoftware per la rideterminazione degli acconti, nei casi in cui la base di calcolo varia per effetto di specifiche norme di legge, sono di due tipi:

  • «modalità semplificata» con rettifica diretta del reddito calcolato nei quadri d’impresa: si tratta della soluzione più semplice che, nella generalità dei casi, consiste nel rettificare il reddito finale, calcolato con le regole ordinarie, di tutti gli ulteriori importi rilevanti ai fini del calcolo degli acconti previsti dalle diverse norme di legge che stabiliscono una diversa base di calcolo per il calcolo dello stesso;

  • «calcolo puntuale» con rigenerazione virtuale del quadro di impresa: si tratta di un sistema totalmente automatico che esegue il calcolo standard dell’imposta su un quadro d’impresa rigenerato virtualmente con i valori rettificati applicando le specifiche norme vigenti per il calcolo degli acconti.

Nella maggior parte dei casi i due sistemi forniscono il medesimo risultato, tuttavia in alcune situazioni - come abbiamo potuto constatare anche quest’anno applicando le nuove e complesse regole del concordato preventivo biennale - le due modalità di calcolo possono produrre differenze anche importanti.

Va, comunque, segnalato che a causa del proliferare di norme che obbligano a una doppia elaborazione della dichiarazione ai fini del calcolo degli acconti, le situazioni che obbligano a una doppia liquidazione delle imposte sono oramai molteplici e costituiscono una delle maggiori difficoltà non solo lato software, ma anche e soprattutto nella redazione delle dichiarazioni da parte dei contribuenti.

Pur comprendendo le esigenze di bilancio, sarebbe importante, ai fini di una reale semplificazione, che il legislatore abbandonasse questa impostazione introducendo, ad esempio, una forfettizzazione eventualmente “al rialzo” del calcolo degli acconti piuttosto che una rideterminazione puntuale dello stesso com’è ora. Anche perché, in assenza di specifici campi nel modello dichiarativo, accompagnati da precise regole contenute nelle specifiche tecniche, il rischio è che ognuno adotti modalità di calcolo diverse, tutte ovviamente potenzialmente soggette a contestazioni in fase di accertamento da parte dell’agenzia delle Entrate e dalle quali il contribuente non si può neppure difendere. Così come l’agenzia delle Entrate, nella maggior parte dei casi, non è in grado di fare controlli preventivi sul modello dichiarativo, senza un accesso diretto alla documentazione del contribuente.