La delibera è nulla quando il socio non è convocato
E' nulla la deliberazione adottata dall'assemblea di una società di capitali nel caso in cui uno dei soci non sia stato convocato, anche se la quota di partecipazione di quest'ultimo non sia rilevante ai fini della formazione del quorum deliberativo occorrente per assumere la delibera in questione: ha così deciso il Tribunale di Roma (sezione specializzata in materia d'impresa) nella sentenza n. 19326 del 17 ottobre 2016 .
Nel caso giunto all'esame del giudice romano, il socio di una Spa (titolare di una quota di partecipazione pari al 7 per cento del capitale sociale) sosteneva di aver appreso casualmente dell'avvenuto svolgimento dell'assemblea straordinaria della Spa e dell'avvenuta adozione di deliberazioni inerenti la modifica di alcune clausole dello statuto sociale (quella riguardante l'oggetto della società e quella concernente il trasferimento di azioni e il relativo diritto di prelazione); nel corso di detta assemblea i soci presenti (rappresentanti l'89,5 per cento del capitale sociale) avevano votato all'unanimità.
Il socio rimasto assente all'assemblea in questione lamentava dunque di non essere stato convocato, a dispetto del fatto che lo statuto sociale della Spa prescrivesse che la convocazione della assemblea potesse essere effettuata con una pluralità di sistemi: e cioè a mezzo lettera raccomandata, fax e posta elettronica certificata (nel corso del giudizio, la Spa ha poi replicato di aver invece regolarmente convocato il socio in questione mediante una lettera raccomandata).
Il socio rimasto assente ha dunque invocato il disposto dell'articolo 2379 del codice civile, il quale dispone la nullità della deliberazione assembleare che sia assunta in caso «di mancata convocazione dell'assemblea».
Il Tribunale decide la controversia affermando che la deliberazione di assemblea di società di capitali deve ritenersi nulla per difetto di convocazione anche quando la convocazione sia stata omessa in riferimento a un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull'esito della votazione.
In altre parole, il Tribunale nega l'ingresso a un ragionamento in termini di rilevanza della cosiddetta “prova di resistenza” (e cioè la verifica se l'entità della partecipazione del socio assente fosse tale da conferirgli un numero di voti sufficiente ad impedire, ipotizzando l'espressione del suo voto contrario, l'adozione della deliberazione contestata).
Secondo il Tribunale, dunque, non si pone un problema di prova di resistenza perchè ciò che conta, ai fini della pronunzia di nullità, non è il possibile esito della votazione né la possibilità del socio escluso dall'assemblea di influire sul voto medesimo, ma la possibilità del socio escluso di influire sulla discussione assembleare.
Infatti, l'articolo 2379 del codice civile, quando sancisce la nullità delle deliberazioni assunte dall'assemblea in difetto di convocazione, tutela l'interesse di ciascun socio ad intervenire e, dunque, a prendere parte al processo di formazione della volontà della società e, più in particolare, di influire su di esso: per tale ragione, la deliberazione è nulla anche quando la convocazione sia stata omessa con riferimento a un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull'esito della votazione. D'altra parte, secondo il Tribunale romano, «a ragionare diversamente, nel caso di società in cui vi è un socio di maggioranza, non si vedrebbe neppure la ragione per la quale dovrebbero tenersi le assemblee».
SPALLA 60 - Delibera nulla se il socio non è convocato
E' nulla la deliberazione adottata dall'assemblea di una società di capitali nel caso in cui uno dei soci non sia stato convocato, anche se la quota di partecipazione di quest'ultimo non sia rilevante ai fini della formazione del quorum deliberativo occorrente per assumere la delibera in questione: ha così deciso il Tribunale di Roma (sezione specializzata in materia d'impresa) nella sentenza n. 19326 del 17 ottobre 2016.
Nel caso giunto all'esame del giudice romano, il socio di una Spa (titolare di una quota di partecipazione pari al 7 per cento del capitale sociale) sosteneva di aver appreso casualmente dell'avvenuto svolgimento dell'assemblea straordinaria della Spa e dell'avvenuta adozione di deliberazioni inerenti la modifica di alcune clausole dello statuto sociale (quella riguardante l'oggetto della società e quella concernente il trasferimento di azioni e il relativo diritto di prelazione); nel corso di detta assemblea i soci presenti (rappresentanti l'89,5 per cento del capitale sociale) avevano votato all'unanimità.
Il socio rimasto assente all'assemblea in questione lamentava dunque di non essere stato convocato, a dispetto del fatto che lo statuto sociale della Spa prescrivesse che la convocazione della assemblea potesse essere effettuata con una pluralità di sistemi: e cioè a mezzo lettera raccomandata, fax e posta elettronica certificata (nel corso del giudizio, la Spa ha poi replicato di aver invece regolarmente convocato il socio in questione mediante una lettera raccomandata).
Il socio rimasto assente ha dunque invocato il disposto dell'articolo 2379 del codice civile, il quale dispone la nullità della deliberazione assembleare che sia assunta in caso «di mancata convocazione dell'assemblea».
Il Tribunale decide la controversia affermando che la deliberazione di assemblea di società di capitali deve ritenersi nulla per difetto di convocazione anche quando la convocazione sia stata omessa in riferimento a un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull'esito della votazione.
In altre parole, il Tribunale nega l'ingresso a un ragionamento in termini di rilevanza della cosiddetta “prova di resistenza” (e cioè la verifica se l'entità della partecipazione del socio assente fosse tale da conferirgli un numero di voti sufficiente ad impedire, ipotizzando l'espressione del suo voto contrario, l'adozione della deliberazione contestata).
Secondo il Tribunale, dunque, non si pone un problema di prova di resistenza perchè ciò che conta, ai fini della pronunzia di nullità, non è il possibile esito della votazione né la possibilità del socio escluso dall'assemblea di influire sul voto medesimo, ma la possibilità del socio escluso di influire sulla discussione assembleare.
Infatti, l'articolo 2379 del codice civile, quando sancisce la nullità delle deliberazioni assunte dall'assemblea in difetto di convocazione, tutela l'interesse di ciascun socio ad intervenire e, dunque, a prendere parte al processo di formazione della volontà della società e, più in particolare, di influire su di esso: per tale ragione, la deliberazione è nulla anche quando la convocazione sia stata omessa con riferimento a un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull'esito della votazione. D'altra parte, secondo il Tribunale romano, «a ragionare diversamente, nel caso di società in cui vi è un socio di maggioranza, non si vedrebbe neppure la ragione per la quale dovrebbero tenersi le assemblee».
È nulla la
Nel caso in esame, il socio di una Spa (titolare di una quota di partecipazione pari al 7 per cento del capitale sociale) sosteneva di aver appreso casualmente dell’avvenuto svolgimento dell’assemblea straordinaria della Spa e dell’avvenuta adozione di deliberazioni inerenti la modifica di alcune clausole dello statuto sociale (quella riguardante l’oggetto della società e quella concernente il trasferimento di azioni e il relativo diritto di prelazione); nel corso di detta assemblea i soci presenti (rappresentanti l’89,5% del capitale sociale) avevano votato all’unanimità.
Il socio rimasto assente all’assemblea in questione lamentava dunque di non essere stato convocato, a dispetto del fatto che lo statuto sociale della Spa prescrivesse che la convocazione della assemblea potesse essere effettuata con una pluralità di sistemi: e cioè a mezzo lettera raccomandata, fax e posta elettronica certificata (nel corso del giudizio, la Spa ha poi replicato di aver invece regolarmente convocato il socio in questione mediante una lettera raccomandata). Il socio rimasto assente ha dunque invocato il disposto dell’articolo 2379 del Codice civile, il quale dispone la nullità della deliberazione assembleare che sia assunta in caso «di mancata convocazione dell’assemblea».
Il Tribunale decide affermando che la deliberazione di assemblea di società di capitali deve ritenersi nulla per difetto di convocazione anche quando la convocazione sia stata omessa in riferimento a un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull’esito della votazione. In altre parole, il Tribunale nega l’ingresso a un ragionamento in termini di rilevanza della cosiddetta prova di resistenza (e cioè la verifica se l’entità della partecipazione del socio assente fosse tale da conferirgli un numero di voti sufficiente ad impedire, ipotizzando l’espressione del suo voto contrario, l’adozione della deliberazione contestata).
Per il Tribunale, dunque, non si pone un problema di prova di resistenza perchè ciò che conta, ai fini della pronunzia di nullità, non è il possibile esito della votazione né la capacità del socio escluso dall’assemblea di influire sul voto medesimo, ma la possibilità che egli influisca sulla discussione assembleare.Infatti, l’articolo 2379 del Codice civile, quando sancisce la nullità delle deliberazioni assunte dall’assemblea in difetto di convocazione, tutela l’interesse di ciascun socio ad intervenire e, dunque, a prendere parte al processo di formazione della volontà della società e, più in particolare, di influire su di esso: per tale ragione, la deliberazione è nulla anche quando la convocazione sia stata omessa con riferimento a un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull’esito della votazione.
D’altra parte, secondo il Tribunale romano, «a ragionare diversamente, nel caso di società in cui vi è un socio di maggioranza, non si vedrebbe neppure la ragione per la quale dovrebbero tenersi le assemblee».