La privacy non salva l’ufficio dall’onere probatorio
Le ragioni di privacy non consentono all’amministrazione di sottrarsi all’onere probatorio. Difatti la rettifica del valore di beni immobili fondata sul confronto con altri atti notarili non è giustificata se questi non sono allegati all’accertamento. Pertanto va annullata la ripresa di maggiori imposte di registro e ipo-catastali. Questo è quanto emerge dalla sentenza 462/1/2016 della Ctp Treviso (presidente e relatore Chiarelli).
Nel settembre 2013 una società immobiliare acquista per 45mila euro una porzione di fabbricato e a un corrispettivo di 105mila euro l’annesso terreno edificabile. In sede di rogito paga le dovute imposte di registro e ipo-catastali.
L’operazione cattura l’attenzione dell’amministrazione, secondo cui il valore di compravendita è inferiore rispetto a quello risultante in comune commercio. Quindi nel 2016 rettifica in 67mila euro il valore del fabbricato e in 134mila quello del terreno e recupera così le maggiori imposte di registro e ipo-catastali. A fondamento della rettifica l’erario motiva la pretesa prendendo a riferimento altri rogiti senza però allegarli adducendo ragioni di privacy.
La società non ci sta e ricorre in Ctp. Chiede la conferma di valori originariamente indicati nell’atto notarile grazie ad una perizia di parte allegata e il rigetto dei valori accertati perché l’amministrazione non ha dato prova di tali valori allegando i rogiti presi a riferimento della propria rettifica. Resiste l’Amministrazione secondo cui gli atti notarili non sono stati allegati perché altrimenti sarebbe stata violata la privacy.
La Ctp dà ragione alla contribuente e annulla l’atto. L’amministrazione doveva allegare gli atti notarili posti a base della rettifica ed è del tutto risibile la giustificazione avanzata dall’erario circa la presunta violazione della privacy. In pratica l’onere probatorio della pretesa tributaria spetta sempre all’ufficio e non subisce limitazioni per ragioni di privacy.
Ctp Treviso, sentenza 462/01/2016