La voluntary può innescare il prelievo sulle donazioni
I trasferimenti di ricchezza detenuta all’estero, se non sono formalizzati ed emergono nell’ambito della voluntary disclosure, possono finire nel mirino del Fisco, che può tassarli come donazioni indirette. È quanto afferma la Ctr del Piemonte, sezione 4, con la sentenza 1066/2019 depositata il 10 ottobre scorso (presidente Pisanu, relatore Berruti). La pronuncia prende posizione - considerandola corretta - sulla prassi seguita da alcuni uffici delle Entrate, che hanno segnalato internamente i contribuenti che avevano ricevuto somme di denaro estero su estero, per poi andare a chiedere loro l’imposta di donazione.
Il caso specifico riguarda due fratelli, Tizio e Caio per semplicità. Tizio (soggetto residente) effettua la voluntary disclosure e, nell’ambito della procedura per l’emersione dei capitali posseduti all’estero, dichiara di essersi “spossessato” di una certa somma di denaro, avendola trasferita al proprio fratello Caio (soggetto non residente). Il trasferimento avviene estero su estero, da un conto corrente all’altro.
Dagli elementi emersi nel corso dell’istruttoria, l’ufficio ritiene che il trasferimento a titolo di liberalità del patrimonio da parte di Tizio rappresenti una vera e propria donazione indiretta di cui all’articolo 56-bis del Dlgs 346/1990 e, conseguentemente, notifica al beneficiario Caio un avviso di liquidazione di imposta di donazione secondo l’aliquota dell’8% sul valore del patrimonio trasferito.
Quest’ultimo, ritenendo che il trasferimento del patrimonio non costituisca una donazione indiretta, impugna l’atto dinanzi alla Ctp di Torino che, tuttavia, conferma la tesi dell’ufficio e respinge il ricorso.
Il contribuente impugna così la sentenza resa dal giudice di primo grado dinanzi alla Ctr del Piemonte, che però respinge il suo appello.
Innanzitutto la Commissione reginale precisa che, per espressa previsione di legge, i benefici della disclosure non si estendono anche alle violazioni dichiarative in materia di imposta di registro o di imposta sulle successioni e donazioni. Pertanto, qualora, come accaduto nel caso di specie, nell’ambito della procedura siano emersi trasferimenti di ricchezza non formalizzati in atti scritti (ad esempio, rinuncia a crediti, elargizioni di denaro contante prelevato dai conti esteri eccetera), effettuati nei periodi d’imposta oggetto di regolarizzazione, tali trasferimenti devono essere considerati come donazioni indirette.
Quanto al regime impositivo applicabile alle donazioni indirette formate con atti non soggetti a registrazione e accertate dall’amministrazione finanziaria, in quanto dichiarate dal contribuente nell’ambito dell'accertamento di altri tributi (ad esempio, nell’ambito della voluntary disclosure o del redditometro), si applicheranno l’aliquota dell’8% senza sanzioni sul patrimonio trasferito con franchigia di un milione di euro se il beneficiario è il coniuge o parente in linea retta o di 100mila euro se il beneficiario è un fratello o una sorella (come nel caso specifico, in cui il Fisco ha poi riproporzionato la pretesa in autotutela per tenere conto della parentela).
Queste conclusioni sono peraltro in linea con quanto affermato dall’agenzia delle Entrate con la circolare 30/E del 2015.