Libertà sui documenti che giustificano la rettifica dei prezzi di trasferimento
Uno dei quesiti posti al Telefisco 2019 riguarda le condizioni a cui la documentazione dei prezzi di trasferimento è idonea ai fini dell'accesso alla «penalty protection» prevista dagli articoli 1, comma 6, e 2, comma 4- ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
Le due norme prevedono che in caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell'ambito delle operazioni transfrontaliere fra società dello stesso gruppo la sanzione per infedele dichiarazione non si applica qualora, nel corso della verifica, il contribuente produca documentazione (organizzata secondo il provvedimento 29 settembre 2010) idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. La penalty protection opera anche in caso di rettifica del valore normale che comporti la non applicabilità delle minori ritenute previste dalle convenzioni internazionali sulle royalties ed interessi pagati in eccesso rispetto al valore normale.
Il contribuente che detiene la documentazione sui prezzi di trasferimento deve darne comunicazione mediante barratura di una apposita casella contenuta nel quadro RS della dichiarazione (RS106 nel modello Redditi SC).
La Guardia di Finanza, nella sua risposta a Telefisco 2019, ha in proposito richiamato l'articolo 8 del decreto 14 maggio 2018 dell'Economia in base al quale – in continuità con la circolare 58/E del 2010 – la documentazione va considerata idonea in tutti i casi in cui fornisca i dati e gli elementi conoscitivi necessari ad effettuare un'analisi dei prezzi di trasferimento praticati dall'impresa, a prescindere dalla circostanza che il metodo di determinazione del valore delle operazioni infragruppo o la selezione delle transazioni o dei soggetti comparabili adottati da contribuente risultino diversi da quelli individuati dall'amministrazione finanziaria. La previsione, precisa la risposta, mira a garantire l'accesso al meccanismo premiale a tutti i contribuenti che, aderendo al regime degli oneri documentali, si adoperano per fornire tutti i dati e gli elementi che rilevano ai fini di una corretta disamina di transfer pricing, indipendentemente dalla circostanza che le analisi sviluppate, rispettivamente, dall'impresa e dai verificatori non convergano verso il medesimo risultato finale.
L'affermazione della Guardia di finanza trova rispondenza, nella prevalenza dei casi, nel concreto atteggiamento dei verificatori.
Quando nel 2010 è stata offerta la penalty protection alle imprese che mettono a disposizione dei verificatori una idonea documentazione sui prezzi di trasferimento (in Italia, a differenza che in altri Paesi, la predisposizione di questa documentazione è facoltativa), la possibilità è stata accolta con un certo scetticismo da parte degli operatori, soprattutto di quelli di piccole e medie dimensioni.
Per molti, il rischio di “scoprire le carte” non era sufficientemente bilanciato dalla possibilità di evitare le sanzioni. Capitava così di frequente che la documentazione venisse in effetti predisposta, ma solo “per uso interno”, al solo scopo di essere preparati al contraddittorio e quindi con la riserva di non esibirla in verifica.
Oggi queste perplessità sono in larga misura superate.Da un lato è aumentata, da parte degli imprenditori, la consapevolezza dell'importanza del transfer pricing e anche quelli minori hanno cominciato a prendere confidenza con i metodi di calcolo del valore normale delle transazioni; dall'altro Guardia di Finanza e agenzia delle Entrate hanno affinato i criteri per distinguere la documentazione idonea da quella non idonea.
Non capita più che l'idoneità della documentazione sia disconosciuta per il semplice fatto che il contribuente abbia adottato un metodo di calcolo del trasfer princing o un campione di confronto non condiviso dai verificatori. Ciò che conta è la trasparenza e veridicità delle informazioni fornite nella descrizione del transazioni infragruppo.