Liti pendenti, la chiusura «pesa» le perdite
Se la lite pendente riguarda una rettifica della perdita la somma da corrispondere per chiudere il contenzioso dipenderà dalla decisione di affrancare o meno tale perdita. È quanto chiarisce l’agenzia delle Entrate con la circolare 22/E del 28 luglio 2017. Nell’ipotesi in cui si voglia affrancare la perdita e quindi, di fatto, lasciare invariati eventuali riporti della stessa negli esercizi successivi, il valore della lite si ottiene calcolando limposta “virtuale” commisurata all’ammontare delle perdite in contestazione. Tale valore occorrerà sommarlo ad eventuali altre maggiori imposte accertate e indicate nell’atto impugnato. Ne consegue quindi che se la rettifica delle perdite non ha comportato alcuna pretesa impositiva, ai fini della definizione, va determinata la sola imposta “virtuale”, applicando le aliquote vigenti per il periodo oggetto di accertamento, all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata e quella accertata. Ove, invece, nell’accertamento siano state pretese anche maggiori imposte (effettive e non virtuali), per la definizione, occorrerà sommarle alle imposte “virtuali” calcolate sulle perdite. Il contribuente potrebbe decidere di non affrancare le perdite rettificate nell’atto impugnato con la conseguenza che non potrà, però, utilizzarle negli esercizi successivi. Per la definizione occorrerà così considerare sole le maggiori imposte pretese con l’atto impugnato, senza necessità di calcolare alcuna imposta “virtuale”. In tale ipotesi, va tuttavia verificato il concreto utilizzo delle predette perdite negli anni successivi all’accertamento, poiché in assenza di affrancamento diviene illegittimo l’eventuale abbattimento di redditi imponibili.Interessanti chiarimenti sono contenuti nella circolare 22/2017 sulla modalità di definizione per i coobbligati di un unico atto impositivo. È il caso ad esempio dell’alienante ed acquirente per le imposte di registro pretese con atto di liquidazione, ovvero dei coeredi e coniugi che hanno presentato una dichiarazione congiunta. In tali circostanze, il provvedimento notificato a tutti i coobbligati potrebbe essere stato impugnato autonomamente da ciascun soggetto ricevente ovvero congiuntamente da tutti. Le ipotesi pertanto che si potrebbero verificare sono:pendenza di un’unica lite nella quale siano costituiti tutti gli interessati: si configura un’unica lite e, quindi, la regolare definizione da parte di uno degli interessati determina in automatico l’estinzione della controversia anche nei confronti degli altri soggetti; pendenza di liti distinte aventi ad oggetto lo stesso atto, instaurate separatamente da ciascuno degli interessati: pur in presenza di più liti fiscali, la definizione perfezionata da uno degli interessati estende i suoi effetti anche sulle altre controversie. Ne consegue che l’Ufficio, una volta verificata la regolarità della definizione, dovrà chiedere la cessazione della materia del contendere anche in ordine alle altre liti, instaurate dai coobbligati ed aventi ad oggetto lo stesso atto. Nella circolare è altresì precisato che anche nell’ipotesi della cessazione della materia del contendere pronunciata relativamente alle controversie instaurate dai coobbligati diversi dal contribuente che ha aderito alla definizione opera la compensazione delle spese di giudizio, prevista dalla norma; presentazione di ricorso da parte soltanto di alcuni degli coobbligati: se la pretesa impositiva si è resa definitiva nei confronti di alcuni dei soggetti destinatari dell’atto impugnato, l’adesione alla definizione da parte di chi ha tempestivamente impugnato l’atto impedisce all’Agenzia delle entrate di esercitare ulteriori azioni nei riguardi degli altri soggetti coobbligati, fermo restando che non avranno comunque diritto al rimborso di somme già versate.