Contabilità

Nel concordato in continuità il giudice valuta anche la «serietà» del piano

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di Stefano A. Cerrato

Quando la domanda di concordato prevede sia la prosecuzione dell’attività d’impresa, sia la liquidazione di asset ritenuti non strategici, il giudice è chiamato a valutare non solo la fattibilità giuridica ed economica del piano ma anche la reale perseguibilità della causa in concreto della continuità aziendale, che va esclusa ove si riveli marginale o di facciata nell’economia del piano nel suo complesso. Lo ha ribadito la Corte d’appello di Genova con il decreto 221 del 6 luglio 2018 (presidente Sanna, relatore Zuccolini).

Il caso
Nel mese di dicembre 2017 il tribunale di Massa omologava il concordato preventivo proposto da una società per azioni che prevedeva sia la prosecuzione temporanea dell’attività d’impresa ex articolo 186-bis della legge fallimentare tramite affitto del complesso aziendale, in attesa di un successivo conferimento in newco interamente partecipata dal terzo affittuario (prosecuzione indiretta), sia l’attività liquidatoria, idonea ad apportare oltre il 90% del fabbisogno liquidatorio.

Proponeva reclamo un creditore lamentando, fra l’altro, che il Tribunale non avesse preso in considerazione l’incidenza del tutto marginale della prosecuzione dell’impresa sul piano concordatario, omettendo di conseguenza di accertare il ricorso abusivo al concordato con continuità, allo scopo di aggirare il limite minimo di soddisfazione dei chirografari previsto nel concordato liquidatorio.

La Corte ligure rigetta il reclamo rilevando che, anche sulla base delle relazioni dei commissari giudiziali, la prosecuzione dell’impresa non è di facciata o artificiosa.

Il sindacato del giudice
La Corte di Cassazione ha ormai da tempo chiarito che spetta al giudice verificare non solo la fattibilità giuridica del concordato ma anche quella economica, limitatamente però all’accertamento della manifesta inettitudine del piano a raggiungere in concreto gli obiettivi che si pone (Cassazione, Sezioni unite, 1521 del 23 gennaio 2013; e Cassazione, 4915 del 27 febbraio 2017). Di fronte a un concordato con continuità, tuttavia, il giudizio del Tribunale assume connotati differenti.

L’articolo 186-bis della legge fallimentare subordina l’ammissibilità di un concordato con continuità al requisito della «migliore soddisfazione» dei creditori rispetto alla prospettiva liquidatoria e agevola l’imprenditore che lo proponga, consentendogli di proporre ai creditori chirografari anche una percentuale di soddisfazione inferiore al 20%, minimo previsto invece per il concordato liquidatorio.

È comprensibile, quindi, che il giudice non si arresti alla sola verifica della fattibilità ma si spinga a valutare la serietà della proposta di prosecuzione, per evitare che l’imprenditore goda dei benefici accordati dalla legge a chi propone la prosecuzione dell’impresa aggravando inoltre il dissesto. E, nel contesto di questa valutazione, anche il carattere effettivo e non simulato o artificioso della prosecuzione, specie quando il piano abbia carattere misto e preveda attività liquidatorie di beni non strategici.

Sulla stessa linea della Corte d’appello si era già espressa una parte della giurisprudenza di merito (Tribunale di Como, 27 febbraio 2018; Tribunale di Firenze, 12 febbraio 2018; Tribunale di Ravenna, 13 gennaio 2018; Tribunale di Monza, 11 ottobre 2017; appello di Venezia, 27 marzo 2014) ma la questione resta dibattuta. Altri giudici hanno infatti negato rilevanza al giudizio di prevalenza quantitativa delle prospettive di continuità, ritenendo che la semplice proposta di prosecuzione determini l’accesso al regime di favore dell’articolo 186-bis (Tribunale di Massa, 29 settembre 2016; Tribunale di Siracusa, 23 dicembre 2015). Un precedente ha invece sostenuto che in presenza di una proposta di concordato misto debba farsi applicazione combinata delle disposizioni del concordato liquidatorio e con continuità (Tribunale di Ravenna, 28 aprile 2015).

È facile attendersi, a questo punto, una ulteriore presa di posizione della giurisprudenza di legittimità e non è escluso che si possa arrivare a una riformulazione (o forse anche a un abbandono) della distinzione tra fattibilità giuridica ed economica, quantomeno nei concordati con continuità aziendale.

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Corte d'appello di Genova decreto 221/2018

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