Opzione Iri al test convenienza
Imprese individuali, società di persone e srl «a ristretta base proprietaria» (di cui all’articolo 116 del Tuir) si interrogano sulla convenienza ad abbracciare il nuovo regime Iri disegnato dall’articolo 55-bis del Turi introdotto dal comma 547 dell’articolo 1 della legge di Bilancio. Se è vero che l’opzione potrà essere esercitata, per la prima volta, nella dichiarazione dei redditi relativa al 2017, il passaggio alla “logica Iri” non è privo di conseguenze sui comportamenti che è più opportuno assumere da parte del titolare o dei soci per massimizzare i vantaggi del diverso regime, per cui scegliere per tempo è certamente opportuno. Senza considerare, poi, che il comma 1 della nuova disposizione riserva il regime Iri alle imprese in contabilità ordinaria, con la conseguenza che chi fosse in semplificata ed intendesse sfruttare la “flat tax” deve predisporsi, anche contabilmente, alla doppia opzione.
Ma quali variabili vanno valutate per focalizzare la tipologia di imprese che potrebbero essere interessate e, viceversa, quelle che non trarrebbero alcun vantaggio dal nuovo regime? Andiamo per gradi.
Sostanzialmente, l’opportunità offerta consiste nell’assoggettare a una imposizione separata (alla stessa aliquota del 24% comune all’Ires) il reddito non prelevato, derogando alla tradizionale trasparenza (ma non a livello contributivo) e rinviando nel tempo l’applicazione dell’Irpef progressiva. Il cumulo tra l’imposta proporzionale e quella progressiva viene evitato non attraverso il ricorso a meccanismi noti quali il credito d’imposta o l’imposizione parziale dei “dividendi”, ma rendendo deducibili i prelievi. L’apparente semplicità di questa tecnica, tuttavia, costituisce uno dei limiti principali del regime: infatti, l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 55-bis limita questa deducibilità con modalità che la relazione allegata cerca di spiegare con alcuni esempi, ma che si presenta estremamente complessa e non priva di ambiguità (si veda il Sole 24 Ore del 13 dicembre).
Ma c’è un altro aspetto che va messo in evidenza. Curiosamente, per un regime che si rivolge a soggetti che dichiarano ordinariamente più utili che perdite, l’articolo 55-bis si interessa di disciplinare, al momento dell’uscita dal regime, il trattamento delle perdite riportabili, ma non degli utili non ancora prelevati. Come colmare la lacuna? Una prima soluzione potrebbe essere quella di considerare tutti gli utili residui come prelevati nell’ultimo anno di applicazione del regime. Essi sarebbero così deducibili in tale periodo d’imposta (presumibilmente nei limiti del “plafond Iri” di cui al comma 3) ma comporterebbero una tassazione integrale ai fini Irpef (progressiva) che non pare tollerabile, pena il sicuro insuccesso del regime. La seconda soluzione possibile richiama l’analogia con quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 170 del Tuir in caso di trasformazioni regressive, così come l’ingresso nel regime Iri ricorda il comma 3 della medesima norma (trasformazioni progressive). Le riserve di utili prodotte dalla Srl ante trasformazione e ancora presenti al momento del passaggio a società di persone, se distintamente rilevate in bilancio, vengono tassate solo al momento della distribuzione. Se questa regola può essere compatibile nel mondo Iri, il successivo comma 5 dell’articolo 170 prevede che l’imposizione avvenga come dividendo, ossia sulla base di una regola sconosciuta al regime Iri. Se ne deve dedurre che, anche in questo caso, alla tassazione sul socio-titolare debba contrapporsi la deducibilità del prelievo in capo all’impresa, presumibilmente in unica soluzione al momento del mancato rinnovo del regime. Prevederne la deduzione contestualmente ai prelievi, anche quando l’Iri è stata abbandonata, “restituirebbe” molto spesso ben più del 24% originario.
Quello che è certo è che nessun imprenditore entra in un regime se non sono definite le condizioni di uscita, per cui il punto andrà chiarito quanto prima.
La società Alfa Snc, trascorso il primo quinquennio nel regime Iri, decide di non rinnovare l'opzione. A tale data non vi sono più riserve di utili preesistenti all'ingresso nel regime mentre residuano 100mila euro di riserve di utili create in regimi Iri e non prelevate. Per semplicità supponiamo che tale importo coincida con il «plafond Iri» di deducibilità dei prelievi.
Come viene tassato questo importo in capo ai soci?