Patent box, vantaggi anche con la cessione
I soggetti che esercitano l’opzione per il patent box hanno diritto ad un trattamento di favore anche in caso di cessione del bene immateriale. Ai sensi dell’articolo 1, comma 40, della legge di Stabilità 2015 (legge 190/2014), infatti, in presenza di determinate condizioni non concorrono a formare il reddito complessivo le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali individuati dalla normativa (attraverso il rinvio al precedente comma 39). La misura è ribadita dall’articolo 10 del Dm 30 luglio 2015, il quale ha il merito di conferire maggiore precisione alla individuazione dei beni la cui cessione sia agevolata.
Premesso che la norma si applica sia alle plusvalenze realizzate nell’ambito di cessioni di beni immateriali a parti correlate (nazionali o estere), sia a quelle realizzate a seguito di cessione di beni immateriali a terze parti indipendenti, occorre analizzare da un lato l’ambito di applicazione oggettivo dell’agevolazione, e dall’altro i requisiti imposti ai fini della sua operatività.
Ambito di applicazione oggettivo
Alla luce dei due provvedimenti richiamati – legge di Stabilità e decreto ministeriale del 2015 – si può giungere alla conclusione che il beneficio fiscale sia limitato alle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali di cui alla tabella qui a fianco.
Si tratta di un elenco che dovrebbe ritenersi tassativo, considerato il tenore letterale dell’articolo 10, comma 1, del Dm 30 luglio 2015, a mente del quale il suddetto rinvio al comma 39 «si intende effettuato solo per individuare le tipologie di beni immateriali cui si riferisce il regime di esclusione delle plusvalenze dalla formazione del reddito d’impresa».
Condizioni per l’applicazione dell’agevolazione
L’agevolazione, come accennato, è peraltro subordinata alla circostanza che almeno il 90 per cento del corrispettivo derivante dalla cessione di tali beni sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali della stessa natura. Tale requisito – espresso dall’articolo 1, comma 40, della legge n. 190/2014 – è stato meglio specificato dal citato Dm 30 luglio 2015, il cui articolo 10 prescrive che non solo il reinvestimento debba essere effettuato in attività di ricerca e sviluppo finalizzate allo sviluppo, mantenimento e accrescimento di altri beni immateriali della stessa tipologia, ma altresì che dette attività siano effettuate:
a) direttamente dai soggetti beneficiari;
b) mediante contratti di ricerca da università o enti di ricerca e organismi equiparati;
c) mediante contratti di ricerca da società, anche start up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
d) mediante contratti di ricerca da società, anche start up innovative, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, le quali si siano limitate a fare svolgere le attività da soggetti indicati alle precedenti lettere b) e c).
Il reinvestimento
Al riguardo, si tenga inoltre presente quanto segue: l’espressione “altri beni immateriali” utilizzata dal legislatore induce a ritenere che il reinvestimento in attività di ricerca e sviluppo deve avere ad oggetto beni immateriali diversi da quelli già posseduti dal soggetto beneficiario al momento del realizzo della plusvalenza (circolare agenzia delle Entrate n. 11/E/2016). Non rientrano invece tra le ipotesi di reinvestimento che consentono di beneficiare dell’esclusione da tassazione della plusvalenza le ipotesi di acquisto di altri beni immateriali; inoltre le somme impiegate in tali acquisti non vengono quindi conteggiate nel calcolo del 90% di reinvestimento del corrispettivo di cessione, imposto dalla norma in commento. L’obbligo di reinvestimento, poi, prescinde dalle condizioni finanziarie relative alla tempistica del pagamento: lo ha precisato la relazione di accompagnamento del Dm 30 luglio 2015. Il reinvestimento medesimo, infine, dev’essere assolto prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione.
Ai fini dell’individuazione del periodo di imposta in cui si considera realizzata la plusvalenza e di quello in cui si considera assolto l’obbligo di reinvestimento, rilevano gli ordinari criteri di competenza.
Assenza delle condizioni
In assenza delle condizioni prescritte, il reddito del secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui si è verificata la cessione, dovrà essere aumentato dell’importo della plusvalenza che avrebbe concorso a formare il reddito nel periodo di imposta in cui sarebbe stata realizzata in assenza dell’agevolazione. Di conseguenza – come precisato nella relazione illustrativa - il recupero a tassazione avviene nella dichiarazione dei redditi relativa al secondo periodo di imposta successivo a quello in cui si verifica la cessione, mediante una variazione in aumento pari all’importo della plusvalenza che non abbia concorso alla formazione del reddito imponibile nel periodo di imposta di realizzazione. Si applicheranno le aliquote vigenti nei periodi di imposta in cui avviene, rispettivamente, l’esclusione dalla formazione del reddito o il recupero a tassazione.
Rapporti con il patent box
Le plusvalenze in commento costituiscono anch’esse reddito agevolabile, per cui la relativa variazione in diminuzione dovrà essere calcolata con le medesime modalità previste per l’ordinario reddito agevolabile. In pratica, dal prodotto tra la plusvalenza ed il nexus ratio scaturirà la quota di reddito agevolabile che non concorrerà alla formazione del reddito complessivo in quanto esclusa nei limiti del 50 per cento: così si è espressa l’Agenzia con la circolare n. 11/E/2016 che riconosce la detassazione in esame indistintamente ai «soggetti che esercitano l’opzione per il regime agevolativo in commento». Si dovrebbe quindi ritenere che nell’ambito di applicazione del beneficio possano rientrare anche i casi di patent box indiretto.
Rapporti infragruppo
Qualora la plusvalenza sia stata realizzata nell’ambito di operazioni intercorse con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, la plusvalenza può essere determinata in conformità ad un accordo con l’agenzia delle Entrate. Quest’ultimo non è peraltro attivabile in presenza di plusvalenze realizzate a seguito della cessione di beni immateriali a terze parti indipendenti (circolare n. 11/E/2016).
Istanza di ruling
Per espressa previsione normativa, si rende inoltre applicabile la procedura di ruling delineata per il patent box dell’artciolo 1, comma 39, quarto periodo, della legge n. 190/2014.