Contabilità

Patrimonio netto, effetto riserve

immagine non disponibile

di Franco Roscini Vitali

In un tempo non lontano, fino ai bilanci 2015, gli amministratori di una società non avevano il potere di intervenire sulle riserve del patrimonio netto : dai bilanci 2016, con l’applicazione di alcune disposizioni contenute nel decreto legislativo 139/15 , la situazione cambia.

Infatti, cade uno dei principi, più di carattere giuridico che contabile, in base al quale le riserve del patrimonio netto erano movimentate dai soci . In sostanza, fatte salve specifiche e particolari situazioni riconducibili per esempio a leggi di rivalutazione, le riserve erano “governate” dai soci in sede assembleare, in particolare con decisioni di accantonamento e distribuzione di utili.

La differenza tra fondi e riserve risiedeva anche nei diversi soggetti che le gestivano: rispettivamente, amministratori e soci.

Facendo un passo indietro nel tempo, uno degli effetti positivi del recepimento della quarta direttiva avvenuto nel 1991, è stata la netta distinzione tra fondi per rischi e oneri e riserve.

L’articolo 2424-bis, comma 3, del codice civile da allora fornisce la definizione di fondi per rischi e oneri, e, pertanto, separa nettamente questi dalle riserve: distinzione che, prima del recepimento della quarta direttiva, era sovente disattesa, si pensi, per esempio, alla precedente prassi di stanziare fondi passivi per rischi generici.

Tornando al decreto legislativo n. 139/15, la situazione, per quanto riguarda i poteri degli amministratori, cambia e si avvicina alla prassi contabile internazionale: anche gli amministratori hanno la possibilità, a volte l’obbligo, di movimentare le riserve presenti nel patrimonio netto.

Questo comporta impatti con effetti variabili sul patrimonio netto delle società in base alle specifiche situazioni: infatti, non sono poche le operazioni che possono produrre effetti, positivi e negativi, sull’entità del patrimonio netto e, di conseguenza, sulla rappresentazione dello stato patrimoniale con riflessi su alcuni indici finanziari, in particolare sull’indebitamento e su eventuali covenants (clausole) contenuti nei contratti di finanziamento.

Innanzi tutto, le azioni proprie, a partire dai bilanci 2016, non sono più iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale ma sono portate a diretta riduzione del patrimonio netto, in una riserva negativa.

Inoltre, il principio contabile Oic 28 “Patrimonio netto” precisa che eventuali differenze tra valore della riserva e valore delle azioni annullate o vendute sono imputate a incremento/decremento del patrimonio netto.

Anche l’iscrizione in bilancio degli strumenti finanziari derivati, in alcuni casi, può comportare un impatto rilevante sul patrimonio netto.

È il caso, per esempio, dell’inclusione nel patrimonio netto della “Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi” collegata all’utilizzo di strumenti finanziari derivati.

La copertura di flussi finanziari riguarda, l’interesse variabile pagato periodicamente in relazione a un debito finanziario a tasso variabile, l’impegno all’acquisto o alla vendita di beni, oppure un’operazione programmata altamente probabile dalla quale emergerà un acquisto o una vendita di beni.

Le riserve in questione non sono considerate nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli articoli 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 codice civile e, se positive, non sono disponibili e non sono utilizzabili a copertura delle perdite: si tratta di una novità rilevante, dalla quale consegue l’esistenza di un patrimonio netto “contabile” differente rispetto al patrimonio netto che possiamo definire “giuridico”.

Inoltre, è necessario iscrivere i derivati in essere all’1 gennaio 2016: per le coperture di flussi finanziari, la parte inefficace è imputata agli utili/perdite di esercizi precedenti, in questo caso con effetto sul patrimonio netto anche ai fini “giuridici”.

Gli amministratori, poi, intervengono sul patrimonio netto anche in altre due situazioni: correzione di errori rilevanti e cambiamenti di principi contabili.

Infatti, la voce “Utili (perdite) portati a nuovo” accoglie anche le rettifiche derivanti dalle correzioni di errori commessi in esercizi precedenti e le rettifiche derivanti da cambiamenti di principi contabili, qualora l’imputazione ad altra voce del patrimonio netto non sia più appropriata.

L’ Oic 29 precisa che è rilevante l’errore che può individualmente, o insieme ad altri errori, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori assumono in base al bilancio: la rilevanza, poi, dipende dalle dimensioni e dalla natura dell’errore ed è valutata a seconda delle circostanze.

In sostanza, un errore di diecimila euro può essere rilevante in un bilancio redatto in forma abbreviata, mentre può non esserlo in un bilancio redatto in forma completa.

Infine, un impatto rilevante sul patrimonio netto può determinarsi in sede di transizione alle nuove regole contabili: per esempio, a causa dell’eliminazione delle spese di pubblicità e di ricerca in corso di ammortamento, situazione che, in assenza/insufficienza di riserve, oltre che suscitare perplessità circa la correttezza dei bilanci precedenti, comporta l’intervento da parte dei soci.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©