Imposte

Per la cooperative compliance la chance di un collegio arbitrale

di Francesco Spurio e Paolo Tognolo

Dal 2013, anno in cui l’agenzia delle Entrate lanciò il progetto pilota per l’avvio di «nuove forme di cooperazione, basate sulla trasparenza e la fiducia reciproca», sono stati fatti molti passi in avanti per istituire e consolidare l’istituto della cooperative compliance che rappresenta uno degli strumenti più importanti per la collaborazione tra amministrazione finan-ziaria e grandi contribuenti. Il regime di adempimento collaborativo istituito con la legge 23/2014 è stato poi attuato l’anno successivo dal Dlgs 128/2015 (uno dei decreti attuativi della delega per la riforma fiscale). Oggi il regime presenta ancora degli aspetti che ne limitano la piena operatività, primo tra tutti il limite di 10 miliardi del fatturato per le aziende che vogliono accedere al regime. Dal 1° gennaio 2020 il limite dovrebbe passare a 100 milioni di euro aprendo la possibilità a circa 3200 soggetti di presentare istanza. Un altro punto critico è rappresentato dalle attuali modalità di gestione delle divergenze di opinione tra i contribuenti che entrano nel regime e l’ufficio Cooperative dell’Agenzia.

Il contribuente deve sottoporre alle Entrate le transazioni, ricorrenti o meno, che superano una certo valore (soglia di condivisione obbligatoria), individuato in base alle dimensioni della società, e sono classificabili ad alto rischio per quanto riguarda l’interpretazione del corretto trattamento fiscale. In questo caso si instaura un contraddittorio specifico con l’Ufficio al termine del quale possono rimanere delle differenze di opinione tra le parti. Il contribuente ha la facoltà di discostarsi dalla qualificazione proposta dall’Ufficio ma deve assumersi la responsabilità in maniera esplicita, mediante approvazione da parte degli amministratori della qualificazione fiscale divergente dall’opinione dell’Ufficio, e deve comunicarla allo stesso in via preventiva.

L’Agenzia deve accertare la transazione senza comminare le sanzioni e l’interpretazione della norma viene di fatto affidata alle commissioni tributarie nel corso del lungo e incerto processo tributario.

Posto che l’istituto vuole essere uno strumento di dialogo preventivo, sarebbe opportuno prevedere una soluzione alternativa in caso di disaccordo che consenta di dirimere la con-troversia in maniera meno traumatica anche dal punto di vista della relazione ricorrendo ad una procedura arbitrale conforme a quella già prevista sia in sede di Convenzioni arbitrali dell’unione europea sia in sede Ocse (paragrafo 5 dell’articolo 25 del modello Ocse di trattato).

Anche in questo caso il collegio arbitrale giudicante sarebbe composto da tre esperti: uno nominato da ciascuna delle parti e il presidente nominato di comune accordo dai due esperti di parte. Il tempo a disposizione per la nomina del collegio dovrebbe limitarsi ai trenta giorni (15 giorni per la nomina degli esperti di parte e altri 15 per la nomina del presidente). Il col-legio avrebbe poi 60 giorni per analizzare la pratica e preparare una relazione vincolante per le parti.

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