Controlli e liti

Per liquidare le spese di giudizio vale il Dm sui compensi ai legali

di Rosanna Acierno

Il giudice deve liquidare le spese di giudizio sulla base dei parametri previsti dal Dm 55/2014 e non di quelli previsti dal Dm 140/2012 e, questo, non per ragioni di mera successione temporale, ma in forza del principio di specialità.

Il Dm 55/2014, infatti, regola le spese di causa e stabilisce le soglie cui il giudice deve attenersi per la liquidazione dei compensi a favore del difensore, a prescindere dalla loro diversa (e magari più bassa) determinazione in sede di conferimento dell’incarico professionale.

Il Dm 140/2012, invece, stabilisce, genericamente, i parametri (non vincolanti) ai quali, non solo le parti, ma anche il giudice può fare riferimento nel dirimere le controversie tra cliente e professionista sul compenso di quest’ultimo per la sua prestazione.

Sono le conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione con l’ordinanza 21486 del 31 agosto 2018.

La pronuncia desta interesse e, d’ora in poi, dovrà essere tenuta bene a mente, oltreché dai giudici, anche da tutti i difensori (non solo avvocati) ai fini della richiesta, in sede di ricorso, di condanna alle spese di giudizio.

Si fa rilevare infatti che, sebbene il Dm 55/2014 sia stato emanato a seguito della legge 247/2012 di riforma della professione forense, con esso il ministero della Giustizia ha fissato i parametri per la determinazione dei rimborsi spese e dei compensi spettanti all’avvocato, non solo per l’attività penale, ma anche per quella giudiziale e/o stragiudiziale. Attività queste ultime che possono essere svolte, nel caso ad esempio di instaurazione dei giudizi dinanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali, non solo da avvocati, ma anche da altri professionisti, tra cui i commercialisti e/o i consulenti del lavoro.

Cassazione, ordinanza 21486/2018

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