Contabilità

Piani di risanamento verso la riabilitazione

di Alessandro Galimberti

In mancanza di una definizione chiara e incontrovertibile dello stato di crisi è fondamentale lavorare, a valle, sulla patologia dell’impresa, individuando modalità e approcci scientifici ai Piani di risanamento. Con questo spirito è stato presentato ieri, nella sede dei commercialisti di Milano, il documento recentemente approvato dal Consiglio nazionale della categoria, teso a “riabilitare” uno strumento troppe volte abusato e talvolta vilipeso nella storia recente della crisi (giudiziale) dell’impresa. Tantopiù è necessario tracciare le best practice dei risanatori d’azienda, nel momento in cui sta per andare a regime la riforma della legge (ex) fallimentare.

Per Andrea Foschi - consigliere nazionale delegato alla crisi d'impresa - l’obiettivo del documento è presentare una traccia/modello di comportamento da seguire per individuare correttamente le cause della crisi - mediante un’adeguata diagnosi -, i dati di partenza del piano, le strategie di risanamento, i prospetti patrimoniali, economici e finanziari previsionali e infine la manovra finanziaria per arrivare al riequilibrio economico, patrimoniale e finanziario dell’impresa in sofferenza.

Il corposo documento compartecipato da tutte le sigle associative - accessibile dal sito dell’ordine ma non stampabile,in vista di una pubblicazione cartacea a prezzo “simbolico” - è destinato oltre che ai commercialisti, anche «a tutti coloro che sono coinvolti non solo in situazioni di crisi, ma anche in processi di riorganizzazione aziendale, con la speranza che quanto imparato in questi anni possa servire anche in un’economia avviata sulla strada della crescita e dello sviluppo delle imprese»ha aggiunto Foschi.

L’imperativo, ha detto Alberto Quagli (Bocconi), uno dei curatori dei “principi”, è lasciarsi alle spalle i poco edificanti «piani composti da 5 slide in power point» mentre invece dovrebbero essere l’esito di un’attenta analisi e di un adeguato riassetto aziendale. Soprattutto è fondamentale che la condivisione, se non proprio la vera e propria responsabilità dei piani, passi dai consigli di amministrazione perchè «il fine deve essere quello di far convergere il consenso degli stakeholder nell’adesione al progetto». Come dire, una rivoluzione copernicana, a cui servono professionalità ferrate, nuove e “leali”.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©