Più controlli sui flussi da paesi black list
I flussi di denaro provenienti dall’estero dovranno essere monitorati dalle società residenti, al fine di poter valutare l’eventuale creazione di artificiose basi Ace, anche al ricorrere delle esimenti introdotte dal nuovo decreto Ace. Esimenti che attenuano, o escludono, gli obblighi di individuazione dei conferimenti derivanti da soggetti black list in presenza, nella compagine sociale, rispettivamente di una società quotata o di un fondo di investimento regolamentato e localizzato in uno Stato white list.
Così dispone la relazione illustrativa al decreto Mef del 3 agosto scorso richiamando le previsioni in materia di abuso del diritto.
Sterilizzazione dei benefici
Quanto ai conferimenti in esame, il comma 4 dell’articolo 10 del Dm 3 agosto 2017 prevede la sterilizzazione del beneficio in ipotesi di apporti (diretto o indiretti) effettuati da soggetti, anche non appartenenti al gruppo, localizzati in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni ai fini fiscali.
La circolare 21/E/2015 dell’agenzia delle Entrate ha chiarito, al riguardo, che per individuare tali conferimenti occorre procedere secondo un approccio “look through”, risalendo la catena societaria sino alla “cima” e se non è possibile individuare i flussi di denaro derivanti da soggetti non white listed, il conferitario deve sterilizzare l’intero conferimento ricevuto da soggetti non residenti.
Risultano quindi di estrema rilevanza le due nuove esimenti sopra menzionate.
Secondo la prima, l’indagine da effettuare in presenza di una società quotata (che opera anche in qualità di holding intermedia) dovrà avere a oggetto esclusivamente la composizione degli eventuali soci controllanti ex articolo 2359 del Codice civile (il legislatore più opportunamente avrebbe dovuto richiamare la definizione di controllo di cui all’articolo 93 del Tuf; rimane da chiarire inoltre se la definizione prevista vale anche per le quotate non residenti).
Mentre, nell’ipotesi di conferimenti provenienti da fondi di investimento regolamentati e localizzati in Stati white list (nel cui ambito dovrebbero essere ricompresi anche i fondi di private equity e di venture capital) non va operata alcuna indagine circa i sottoscrittori del fondo medesimo (seconda fattispecie esimente).
Il regime delle quotate
In realtà, la stessa Amministrazione finanziaria nella circolare 21/E/2015 aveva già avuto modo di precisare che con riferimento alle società quotate le quali effettuano un aumento di capitale mediante emissione di nuove azioni, l’indagine in merito a eventuali azionisti black list poteva limitarsi esclusivamente ai sottoscrittori esteri partecipanti la società residente in misura superiore al 3 per cento: la ratio di tale previsione deriva, infatti, dalla constatazione che solo nel caso in cui sussiste l’obbligo di comunicazione al mercato, e alle competenti autorità di vigilanza (anche estere, nel caso di quotata non residente), della composizione dell’azionariato, nonché delle sue eventuali modifiche, le società in oggetto sono a conoscenza dei propri azionisti.
La mappatura dei flussi
Mal si concilia con tale ratio “semplificatoria” l’obbligo di mappatura dei flussi finanziari provenienti dall’estero previsto dalla relazione illustrativa; non si comprende inoltre come, per un verso, l’indagine circa la composizione dell’azionariato sia stata ulteriormente limitata ai soli soci di controllo ex articolo 2359 del Codice civile (o sia stata totalmente esclusa nel caso dei fondi), introducendo al contempo, seppur solo a livello di chiarimento “ufficiale”, un onere di rilevazione che presuppone la conoscenza dell’intera compagine sociale.
Quanto previsto nella relazione illustrativa andrebbe quindi limitato alle operazioni poste in essere con le controparti non residenti oggetto di monitoraggio (cioè i predetti azionisti di controllo), come previsto nella stessa circolare 21/E: solo in tal caso dovrebbero applicarsi le disposizioni in materia di abuso del diritto volte a contrastare la creazione di benefici non spettanti.