Controlli e liti

Procedure diverse limitano la difesa

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di Giorgio Gavelli

L’ampiezza della tutela riconosciuta dall’ordinamento al contribuente soggetto a verifica e, in definitiva, la pienezza del diritto di difesa di quest’ultimo possono dipendere dalle modalità con cui l’ufficio sceglie di impostare tale verifica?

Al di là della differenza operata dalla Cassazione fra tributi armonizzati e non, c’è un altro aspetto del più ampio tema del contraddittorio endoprocedimentale che, spesso, viene sottovalutato, anche se inizia a emergere in qualche pronuncia dei giudici di merito (si veda Ctp Parma, decisione 23/1/2017). Le modalità con cui il contribuente è sottoposto a verifica sono decise in autonomia dall’amministrazione finanziaria, che può decidere se effettuare un accesso, inviare al contribuente un questionario, chiamarlo al contraddittorio o, sulla base degli elementi già in possesso, notificare direttamente un atto di accertamento. Tuttavia, a seconda del percorso intrapreso, le conseguenze sono, attualmente, ben diverse.

Secondo l’impostazione seguita dall’agenzia delle Entrate, la redazione del processo verbale di constatazione (Pvc) con il conseguente termine di 60 giorni a disposizione del contribuente per fornire le proprie osservazioni – entro il quale l’atto di accertamento può essere emesso solo in particolari e motivate ipotesi – non è prevista per i cosiddetti accertamenti a tavolino, ossia quelli che non prevedono l’accesso presso il contribuente. A questo si aggiunge che il sistema sanzionatorio prevede la possibilità del contribuente di emendare i propri errori con un “risparmio” differenziato a seconda non solo del tempo trascorso dalla violazione, ma anche dell’intervenuta constatazione della medesima.

Con l’emissione dell’atto di accertamento, poi, ogni forma di ravvedimento è preclusa, a favore delle varie forme di adesione. Considerando tutti questo elementi, sembra poco sistematico che tanto la possibilità del contribuente di presentare osservazioni prima di essere accertato, quanto il costo di un suo eventuale ravvedimento dipendano esclusivamente da come l’agenzia delle Entrate ha deciso di impostare la verifica.

Si pensi, per fare un esempio, alla ipotizzata maggiore plusvalenza sulla cessione di un’area edificabile ai fini Irpef o alla possibile sussistenza dei presupposti per la soggettività passiva Irap di un contribuente che non ha dichiarato il tributo. L’ufficio potrebbe inviare un questionario, chiamare il contribuente al contraddittorio, effettuare un accesso per acquisire documenti e informazioni o emettere direttamente l’avviso di accertamento, con conseguenze macroscopicamente differenti a seconda dei diversi casi.

Solo una maggiore omogeneità nelle procedure e negli effetti per il contribuente può portare a un reale equilibrio nella tutela dei diritti.

Un primo passo, ad esempio, potrebbe essere quello di generalizzare l’obbligo di far pervenire al contribuente l’atto di constatazione, in via preliminare rispetto a quello di accertamento.

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