Rebus perdite per le Snc in liquidazione
Le società di persone in liquidazione determinano provvisoriamente il reddito degli esercizi intermedi e imputano l’imponibile ai soci in base al principio di trasparenza ex articolo 182, comma 2, del Tuir, ma è necessario distinguere il caso in cui il reddito sia positivo, dal caso, più delicato, in cui emergano delle perdite.
VEDI IL GRAFICO: Gli esempi in dichiarazione
In questa seconda ipotesi risulta particolarmente complesso decifrare il contenuto dell’ultimo periodo del comma 2 appena citato, quando afferma che (solo) se la liquidazione si chiude in perdita essa può essere imputata ai soci. Ciò significa che nei periodi intermedi, prima del conguaglio finale, l’eventuale insorgenza di perdite di esercizio non permette alcuna attribuzione ai soci per trasparenza: al contrario, i soci dovranno attendere la chiusura della liquidazione per verificare se è presente una perdita complessiva.
Il nodo interpretativo
Sul punto sono state proposte varie interpretazioni: si ritiene che la più convincente sia quella secondo cui la norma citata non può risultare applicabile solo nel caso in cui la liquidazione si chiuda entro tre esercizi. Ricordiamo, infatti, che la determinazione provvisoria del reddito degli esercizi intermedi di liquidazione si ha solo nell’ipotesi in cui la liquidazione stessa non si protragga per più di tre esercizi compreso quello di inizio della procedura. Superando i tre esercizi, si avrebbe, retroattivamente, il passaggio da determinazione provvisoria a definitiva, e le perdite di esercizio, non imputate a suo tempo, sarebbero vanificate. Tutto ciò appare palesemente incongruo ma non è così semplice individuare una corretta procedura.
Perdita singola o complessiva
Le combinazioni sono molteplici, ma il primo punto da sviscerare è se la locuzione «chiude in perdita» debba essere riferita solo all’ultimo esercizio o se sia comunque da riferire all’intero bilancio di liquidazione ancorché di durata superiore a tre esercizi.
Al riguardo sembra più ragionevole ipotizzare che il riferimento sia all’intera fase di liquidazione, il che permette di ritenere che ove si abbia una perdita complessiva questa sia attribuibile ai soci. Ciò può verificarsi sia alternandosi, negli esercizi intermedi, utili e perdite, sia presentandosi una successione di perdite.
Le possibili soluzioni
Vediamo questo esempio:
• primo esercizio di liquidazione: perdita di 100;
• secondo esercizio di liquidazione: utile di 10;
• terzo esercizio di liquidazione: utile di 5;
• quarto esercizio di liquidazione: utile di 15.
La perdita complessiva è 70, che risulta attribuibile ai soci. In questo caso occorre capire quale sia la sorte delle imposte versate in relazione ai periodi in utile ormai divenuti definitivi, poiché delle due l’una: o le imposte versate vengono considerate rimborsabili oppure occorre attribuire l’intera perdita di 100 ai soci; diversamente ragionando si avrebbe una irrazionale penalizzazione.
Se nell’esempio sopra riportato la perdita del primo esercizio fosse stata pari a 10, resterebbe fermo che tale perdita non sarebbe in nessun caso attribuibile ai soci.
Se invece il primo esercizio si chiude in perdita e poi si manifestano ulteriori perdite negli esercizi successivi si prospettano due possibili casi: o la liquidazione si chiude entro un triennio ed allora la perdita complessiva viene imputata per trasparenza ai soci, oppure essa si protrae oltre i tre anni ed allora deve ritenersi che l’intera perdita, come sommatoria di tutte le perdite generate nei singoli esercizi (e non attribuite ai soci) sia comunque da attribuire ai soci per una eventuale compensazione con redditi di impresa oppure per un riporto in avanti agli esercizi successivi, sperando di intercettare, entro un quinquennio dalla chiusura della liquidazione, redditi di impresa che siano imputabili al socio.
Questa ultima tesi contrasta con il dato normativo, secondo cui in presenza di liquidazione ultratriennali i redditi dei singoli esercizi sono determinati in modo definitivo, ma è l’unica che presenta una certa ragionevolezza essendo palesemente inaccettabile pensare che perdite di esercizio, correttamente determinate, non siano imputate ai soci.
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