Controlli e liti

Recidiva applicata in automatico: accertamenti a rischio sanzioni extra

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di Luigi Lovecchio

Le violazioni commesse e definitivamente contestate nel triennio 2016–2018 comporteranno l’applicazione della recidiva a partire dal 2019, con conseguente aumento della sanzione fino alla metà.

Una delle novità della riforma del regime sanzionatorio entrata in vigore dal 2016 riguarda l’obbligatorietà della recidiva, prevista nell’articolo 7 comma 3 del Dlgs 472/1997. Questa prevede che, se un contribuente commette nei tre anni precedenti una violazione della stessa indole, la sanzione irrogata sulla violazione immediatamente successiva è incrementata fino al 50%. In precedenza, la recidiva rappresentava una mera facoltà dell’ufficio, largamente disapplicata.

Una prima questione che si è posta riguarda l’individuazione del triennio di osservazione, per verificare la violazione che dà origine alla recidiva. Al riguardo, la circolare delle Entrate n. 4 del 2016 ha chiarito che il principio del «favor rei» trova applicazione anche con riguardo alle circostanze aggravanti. Ne consegue che, poiché il regime della recidiva è peggiorato rispetto al passato, la nuova disciplina è operativa solo con riguardo ai comportamenti posti in essere dal contribuente a decorrere dal 2016, e non prima. Il primo triennio di osservazione dunque è maturato nel 2018.

Occorre poi stabilire quando una violazione diventa rilevante. Si è dell’avviso che, trattandosi di un istituto mutuato dal diritto penale, allo scopo occorre che la violazione, oltre a essere commessa, sia stata anche contestata nel triennio di riferimento. L’idea è che, una volta che il trasgressore è stato già punito per un illecito, e dunque è pienamente consapevole dello stesso, se lo reitera subisce un aggravante di pena.

Va inoltre ricordato che la recidiva è neutralizzata se le violazioni contestate nel triennio di osservazione sono state regolarizzate attraverso il ravvedimento ovvero definite con il pagamento di un terzo della sanzione ovvero ancora definite in accertamento con adesione, reclamo o conciliazione giudiziale. Ne consegue che, fino a quando la sanzione è in contestazione, la violazione non rileva ai fini della recidiva. In positivo, dunque, sono rilevanti tutte e solo le violazioni contestate e resesi definitive, sia per mancata impugnazione e definizione agevolata che per sentenza passata in giudicato.

Per completare il quadro, si segnala che la nozione di violazione della stessa indole, nella prassi amministrativa (circolare 180/E del 1998), è molto ampia. Per esempio, l’infedele dichiarazione Ires, per mancata indicazione di componenti positivi di reddito, e l’infedele dichiarazione Iva, per indebita detrazione, sono considerate violazioni della stessa indole.

Venendo all’attualità, si supponga che nel 2018 sia stato emesso un avviso di accertamento per infedeltà del modello dichiarativo presentato nel 2016 e che tale atto di accertamento non sia stato impugnato né definito. Qualora il contribuente incorra nella medesima violazione nel corso di quest’anno, l’ufficio al momento in cui contesterà tale secondo illecito sarà tenuto ad incrementare la sanzione fino alla metà. Lo stesso ragionamento ovviamente vale, con gli aggiornamenti del caso, qualora il primo illecito commesso dopo il 2016 sia contestato nel 2019. L’entrata a regime della recidiva dunque rappresenta un ulteriore incentivo al ricorso agli istituti deflattivi.

Sono molteplici i dubbi applicativi che richiedono un intervento chiarificatore dell’agenzia delle Entrate. Il primo riguarda il regime delle violazioni dell’obbligo di versamento dei tributi. Sebbene la norma non li escluda espressamente dal raggio d’azione della recidiva, gli stessi non sono tuttavia suscettibili di definizione agevolata, neppure in accertamento con adesione. Se anche questa tipologia di infrazione rientrasse nell’istituto in esame, il suo ambito oggettivo risulterebbe potenzialmente illimitato (si pensi all’omesso pagamento dell’imposta di registro e dell’Irpef).

Non è chiaro, inoltre, se la recidiva possa essere applicata all’infinito. A stretto rigore, la risposta è positiva, fino a quando il contribuente non provvede a definire in via agevolata una qualsiasi delle violazioni successive al triennio di osservazione.

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