Imposte

Revoca della lettera dopo la consegna: il rebus imponibilità

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

La consulenza giuridica delle Entrate ( n. 954-6/2018) afferma un principio, favorevole alle imprese, teso a rendere meno complicata la gestione delle lettere d’intento. Il ragionamento, tuttavia, è accompagnato dalla citazione di un precedente di giurisprudenza che non convince appieno: quello della rilevanza della revoca della dichiarazione d’intento basata esclusivamente sul momento in cui interviene la fatturazione dell’operazione.

Le Entrate richiamano, infatti, riportandone uno stralcio, la sentenza n. 5174/2017 della Corte di cassazione. È dunque ragionevole ritenere che quanto affermato in quell’occasione dai giudici sia condiviso dall’amministrazione finanziaria.

La situazione sembra essere la seguente: un esportatore abituale ha inviato a un proprio fornitore una dichiarazione d’intento e, nel periodo di vigenza della stessa, interviene la consegna dei beni ordinati; nel periodo intercorrente tra la consegna delle merci e l’emissione della fattura differita, l’esportatore abituale provvede però a comunicare la revoca della dichiarazione d’intento.

Secondo i giudici, la fattura avrebbe dovuto recare l’addebito dell’imposta in quanto «l’effetto esonerativo cessa immediatamente – o quantomeno dal momento in cui essa è portata a conoscenza – e la fatturazione che venga emessa in un momento successivo deve necessariamente tenerne conto, restando l’intera operazione soggetta al regime ordinario».

Tale impostazione pare criticabile. Infatti, la sentenza considera come unico momento rilevante quello della certificazione dell’operazione: la fattura deve quindi portare l’addebito dell’Iva poiché emessa dopo la revoca.

Tuttavia, in base alla norma, l’operazione si considera effettuata con la consegna dei beni, momento in cui la lettera d’intento è ancora vigente. È solo il documento che viene emesso successivamente, nel rispetto dell’articolo 21, comma 4 del Dpr 633/1972 (fattura differita). Si ricorda, infatti, che i “connotati” di un’operazione, dal punto di vista dell’Iva, sono determinati in funzione del momento in cui la stessa risulta effettuata in base alle regole dell’articolo 6 del Dpr 633/1972 e, quindi, nel caso dei beni mobili, con la consegna o spedizione.

Il richiamo alla sentenza offre poi uno spunto per un’ulteriore considerazione. Infatti, quando i giudici affermano che «l’intera operazione» dovrebbe restare soggetta al regime ordinario, sembrano riferirsi a un concetto di “operazione” in ottica commerciale, non strettamente Iva.

In base a questa lettura, pare quindi possibile sostenere che, quando la lettera d’intento è inviata in relazione a una singola operazione, questa vada intesa come “operazione economica”, pur in presenza di più fatture (tipicamente, quella sull’acconto ricevuto all’ordine e quella relativa al saldo alla consegna della merce). Ne risulterebbe che, in caso di lettera d’intento (capiente) sulla singola operazione, qualora questa venga “scomposta” ai fini Iva per effetto della fatturazione in acconto e a saldo, entrambi i documenti possano recare il titolo di non imponibilità.

Tale approccio risulterebbe peraltro in linea con quello “morbido” manifestato con la consulenza giuridica in commento ma un chiarimento ufficiale in tal senso sarebbe comunque auspicabile.

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