Rideterminazione del valore della partecipazione, valida solo per la donazione
In caso di rideterminazione del valore delle partecipazioni, il donante sfrutta il nuovo valore mentre l'erede deve guardare al valore determinato in sede di successione.
Attraverso la legge di Bilancio per il 2017, n. 232 del 2016, sono stati nuovamente riaperti i termini per la rideterminazione del valore delle partecipazioni qualificate e non qualificate, detenute da soggetti persone fisiche non in regime d'impresa, purché non negoziati in mercati regolamentati.
L'imposta sostitutiva, da applicare sul valore attribuito alla partecipazione detenuta alla data del 1° gennaio 2017, è dovuta nella misura dell'8 per cento, per la partecipazione sia qualificata che non qualificata e va redatta una perizia entro la data del 30 giugno prossimo.
Uno dei temi interessanti, con riferimento alla agevolazione in commento, è quello che riguarda il «trasferimento» del nuovo valore in capo al dante causa e nel caso di successione o donazione. Mentre, infatti, non vi è ovviamente alcun dubbio in caso di cessione della partecipazione, che cosa accade in capo all'erede o al donatario quando ricevono la partecipazione?
Per quanto riguarda la successione, è stato chiarito dall'amministrazione finanziaria che l'erede deve fare riferimento al valore della partecipazione determinato e indicato in sede di dichiarazione di successione, salvo, naturalmente, eventuale rettifica dell'ufficio dell'agenzia delle Entrate che provveda a determinare un valore diverso, a nulla rilevando il valore rideterminato dal de cuius.
Si ricorda, sempre in tema di passaggio successorio, che anche se non risulta dovuta l'imposta di successione – per non superamento degli importi minimi previsti per l'applicazione della stessa (c.d. franchigia) – l'avente causa deve assumere quale costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, quello comunque dichiarato ai fini dell'imposta di successione. Se, invece, la partecipazione «trasferita» dal de cuius all'erede risulta essere esente da imposta di successione, allora il costo fiscalmente riconosciuto in capo a quest'ultimo è il valore normale del titolo alla data di apertura della successione.
Passando alla seconda ipotesi, ossia a quella della donazione, può accadere che il soggetto che pone in essere la rideterminazione del valore della partecipazione, sia essa qualificata o meno, decida in un momento successivo di donare, in tutto o in parte, tale partecipazione a un soggetto terzo, sia esso familiare o meno. Anche in tale ipotesi ci si chiede se il donatario può assumere il valore rivalutato dal donante, sfruttando una delle norme di rivalutazione che nel tempo si sono succedute.
L'articolo 68, del Tuir, al comma 6, stabilisce, in merito alle modalità di determinazione della plusvalenza che «nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante».
Come è stato chiarito già a suo tempo dall'agenzia delle Entrate con le circolari 165/E del 1998 e 52/E del 2004, il donatario assume, quale costo fiscalmente rilevante al fine della determinazione della plusvalenza ceduta, «il costo del donante e, cioè, quello che il donante avrebbe assunto come costo o valore di acquisto se, invece di donare l'attività finanziaria di cui abbia il possesso, l'avesse ceduta a titolo oneroso».
Da questo ragionamento ne deriva che, in caso di rideterminazione del valore della partecipazione da parte del donante prima della donazione, anche il donatario può assumere come valore, al momento della cessione, quello rivalutato.
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