Ristrutturazione del debito, test di convenienza tra le alternative senza limitazioni
Il pagamento parziale dei debiti tributari nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis legge fallimentare è possibile se l’attestatore accerta anche che la proposta è per l’erario più conveniente «rispetto alle alternative concretamente praticabili».
Tale accertamento, pur non coincidendo con esso, richiama quello previsto dall’articolo 186-bis legge fallimentare, a norma del quale, con riguardo al concordato preventivo con continuità aziendale, deve essere attestato che la prosecuzione dell’attività d’impresa sia «funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori».
Secondo alcune interpretazioni, l’attestatore dovrebbe eseguire la verifica ex articolo 186-bis limitandosi a confrontare il soddisfacimento proposto ai creditori mediante la domanda di concordato con quello conseguibile attraverso la liquidazione volontaria del patrimonio del debitore o il fallimento. Indipendentemente dalla condivisibilità o meno di tale tesi, che peraltro non pare trovare conforto nella norma, è in ogni caso da escludere che l’attestazione richiesta dal comma 5 dell’articolo 182-ter, legge fallimentare ponga una simile limitazione, confinando la comparazione di cui si tratta al confronto tra il trattamento proposto all’erario e quello conseguibile con la liquidazione o il fallimento. Infatti, se il legislatore avesse voluto disporre ciò, avrebbe semplicemente richiamato, anche ai fini della transazione fiscale richiesta nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti, la disposizione contenuta nel comma 1 del medesimo articolo 182-ter, in forza della quale, in caso di concordato preventivo, l’attestatore deve accertare che il soddisfacimento offerto all’erario sia migliore di quello ottenibile con la liquidazione dell’impresa.
Poiché è stata invece avvertita l’esigenza di una diversa (e non equivalente) previsione, ne discende che le due attestazioni non possono coincidere. Stabilendo il comma 5 che la comparazione abbia a oggetto «le alternative concretamente praticabili», il legislatore ha espressamente escluso limitazioni di natura oggettiva, che riguardino cioè il tipo di soluzione alternativamente praticabile, pur caratterizzando, ma sotto il profilo qualitativo, le ipotesi alternative da considerare, laddove ha disposto, con l’uso dell’avverbio «concretamente», che deve trattarsi di soluzioni effettivamente adottabili, in considerazione della specifica situazione in cui l’impresa debitrice si trova, e non semplicemente applicabili in astratto, indipendentemente dalle circostanze che connotano il caso concreto rispetto al quale l’attestatore è chiamato a esprimere il proprio giudizio.
Pertanto la comparazione richiesta all’attestatore ai fini della transazione fiscale formulata nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti comprende l’accertamento previsto dal comma 1, ma ha un perimetro più ampio, avendo a oggetto qualunque soluzione alternativa, purché effettivamente possibile, rispetto a quella proposta, potendo essa riguardare tanto il ricorso a una diversa procedura quanto l’adozione di differenti iniziative nell’ambito del tipo di procedura prescelto. Il rilievo di tale comparazione è tutt’altro che secondario, poiché essa, ai sensi del comma 5, «costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale».