Sanzioni, si applica la continuazione anche alle cartelle
In materia di sanzioni amministrative tributarie, è giustificata l’applicazione dell’istituto della continuazione anche in sede di impugnazione delle cartelle notificate in base a sentenza definitiva, qualora le sanzioni non siano state irrogate contemporaneamente oppure se è mancata, da parte del giudice interessato dell’ultimo dei provvedimenti impugnati, la rideterminazione in un’unica sanzione in base al concorso di violazioni e alla continuazione. Sono questi i principi affermati dalla Ctp di Milano 3317/7/2017 (presidente Saresella, relatore Bertolo).
L’Agenzia contestava a una contribuente, per più anni, l’omessa dichiarazione di redditi derivanti dalla cessione di materiali lapidei. Tutti gli accertamenti venivano impugnati: alcuni venivano annullati, mentre per altri pendeva il giudizio in Cassazione nella fase di revocazione.
Equitalia notificava, quindi, le relative cartelle.
La contribuente, effettuato il pagamento, impugnava le cartelle affermando di aver versato sanzioni superiori al dovuto in base al nuovo Dlgs 158/15 e che queste avrebbero dovuto essere rideterminate tenendo conto del concorso di violazioni e della continuazione. Pertanto chiedeva la condanna dell’Agenzia alla restituzione di quanto pagato in eccesso.
L’ufficio resisteva, affermando di aver iscritto a ruolo le sanzioni derivanti da sentenze definitive e che la continuazione avrebbe dovuto essere chiesta in sede di impugnazione degli avvisi di accertamento.
La Ctp, con un’articolata motivazione e con ampi richiami alla giurisprudenza comunitaria, si sofferma sia sulla natura sostanzialmente penale della sanzione amministrativa tributaria, sia sul mancato rispetto del principio di proporzionalità dopo la riduzione operata dal Dlgs 158/15. In attesa di più incisivi interventi legislativi che sottraggano lo Stato ai procedimenti instaurati avanti la Cedu, secondo i giudici va affermata l’insostenibilità dei massimi edittali stabiliti dal Dlgs 471/97 e vanno applicate le sanzioni minime previste.
Il collegio afferma che, poiché le condotte sono commesse in un unico disegno di evasione, spetta alla Ctp rideterminare le sanzioni, essendo state calcolate senza l’applicazione del cumulo giuridico. La Ctp dubita che il meccanismo legislativo degli aumenti plurimi della sanzione rispetti il principio della proporzionalità e apre a un’interessante novità che, però, afferma di non aver potuto statuire non essendo stata richiesto dal ricorrente: l’aumento del 50% per violazioni della stessa indole commesse in più anni si sarebbe potuto applicare sulla sanzione base e non su quella aumentata prima del 20% e poi del 25 per cento.
La Ctp afferma che la continuazione in ambito tributario è speculare a quella prevista in sede penale dall’articolo 671 del Codice di procedura penale (secondo cui, in sede di esecuzione della pena risultante da sentenza definitiva, è possibile applicare la disciplina della continuazione del reato). I due istituti realizzano la stessa esigenza in differenti campi giuridici.