Controlli e liti

Sulla web tax la Corte Usa si allinea a Ocse e Europa

di Alessandro Galimberti e Valerio Vallefuoco

La sentenza della Suprema Corte Usa( South Dakota v. Wayfair) sull'applicazione all'e-commerce dell'imposta indiretta sales tax (si veda Il Quotidiano del Fisco del 22 giugno ) apre scenari importanti nel dibattito sulla tassazione dei servizi via web, e non solo in America. La decisione, che ribalta le conclusioni di una precedente del 1992 sulle vendite per corrispondenza (Quill Corp. v. North Dakota), consente allo Stato del Sud Dakota di chiedere anche al venditore via web di prelevare la sales tax sulle vendite se supera 100 mila dollari di vendite complessive (o 200 transazioni). Oltre tali soglie si presume che la web company sia residente nello Stato, pur mancando un nexus fisico (una sede, un magazzino, etc.). Tra le motivazioni della Suprema Corte, dirimenti quelle sulle distorsioni di mercato, con una discriminazione tra i soggetti che vendono via web e quelli con negozi “fisici”. La visione della Corte appare fondata più sulla sostanza che sulla forma: non si può più ragionare come nel 1992, quando meno del 2% degli americani aveva accesso a Internet, mentre oggi quel numero è quasi pari al 90% (e il giro d’affari supera i 450 miliardi di dollari solo negli Usa). Le regole della sales tax del Sud Dakota non sembrano poi così diverse da quelle suggerite dall’Ocse nel suo interim report del marzo 2018, e indicate dalla Commissione Europea nella sua proposta di direttiva per una Digital Service Tax. Regole di fatto stabilite dallo stesso legislatore italiano con la web tax introdotta dalla legge di bilancio del 2018, in attesa di attuazione. Anche in questi casi, infatti, si riconosce che il modo più efficace per tassare le web companies sia introdurre un’imposta indiretta sui ricavi (una sorta di accisa), applicabile però solo quando le attività di vendita in uno Stato siano «rilevanti»; la rilevanza inoltre, come nel caso South Dakota, scatta al superamento di soglie di fatturato o di quantità di transazioni. Il fatto che la Corte Suprema “replichi” le raccomandazioni di organismi internazionali, come l’Ocse, o gli esempi di legislazioni estere colpisce perché l’amministrazione Trump ha sinora lanciato segnali del tutto divergenti, dissentendo più o meno apertamente dall’applicazione di misure che colpissero le attività delle web companies americane in altre giurisdizioni.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©