Imposte

Transfer price soft per i servizi a basso valore aggiunto

di Alessandro Germani

Ancora molte questioni da risolvere. Il Dm del 14 maggio 2018 sui prezzi di trasferimento, emanato a seguito di una procedura di consultazione pubblica, non scioglie tutti i nodi in materia di transfer price. Lascia, invece, almeno due grandi mancanze: sulle imprese in perdita e sul punto dell’intervallo al quale attestarsi per individuare il prezzo di libera concorrenza.

Partendo dall’assunto che a livello Ocse non esiste più una gerarchia dei metodi tradizionali (confronto di prezzo, rivendita e cost plus) rispetto a quelli reddituali (profit split, Tnmm), l’articolo 4 del Dm stabilisce che, in presenza di uguale affidabilità, fra questi metodi:

• quelli tradizionali siano preferibili a quelli reddituali;

• il confronto di prezzo sia preferibile rispetto a tutti gli altri.

L’aspetto appare importante ed apprezzabile perché risponde alle molteplici sollecitazioni pervenute e all’impostazione Ocse, mentre nella prima versione del decreto non ci si esprimeva in termini di preferenza, bensì di obbligo.

Per quanto concerne, invece, la scelta del punto su cui attestarsi all’interno dell’intervallo di valori per determinare il prezzo di libera concorrenza, esiste una notevole difformità fra contribuente e fisco che è fonte di contenzioso. Infatti, il contribuente ritiene di potersi attestare su qualsiasi punto dell’intervallo, mentre l’amministrazione tende a riconoscere solo la mediana. Purtroppo su tale aspetto l’articolo 6 non ha compiuto passi in avanti e, pertanto, la tematica resta delicata e fonte di interpretazione.

Altro aspetto delicato e non considerato è quello relativo alla tematica delle imprese in perdita nell’ambito della scelta dei comparables. La perdita, infatti, deve considerarsi un elemento fisiologico della vita aziendale, qualora risponda a fattori naturali quali la fase di start up oppure la penetrazione di un determinato mercato con una politica di prezzi aggressiva. Pertanto, eliminati i casi in cui essa presenti un connotato ricorrente o addirittura patologico (liquidazione, procedure concorsuali), dovrebbe poter essere considerata, sebbene possa condizionare a favore del contribuente il calcolo delle medie e delle mediane utili ad individuare il prezzo di libera concorrenza.

Sarebbe quindi auspicabile che l’amministrazione finanziaria ne prendesse atto nella circolare che dovrà essere emanata, considerato che questi principi sono stati recentemente ribaditi più volte dalla stessa giurisprudenza (Ctr Lombardia 21 aprile 2015, n. 1670; e 9 luglio 2015, n. 3165; Ctp Milano 8 febbraio 2016, n. 1108).

Va invece salutata favorevolmente l’introduzione all’articolo 7 della disciplina sui servizi a basso valore aggiunto, che riprende le linee guida Ocse del 2017 e prevede un approccio semplificato nel quale il prezzo intercompany viene fissato in base ai costi diretti ed indiretti sostenuti aggiungendovi un mark up del 5% (di fatto un cost plus).

Si tratta di quei servizi che sono di supporto e, conseguentemente, non costituiscono il core business del gruppo multinazionale. Per l’individuazione più puntuale degli stessi si rimanda al box a lato. Ciò che è importante considerare è, tuttavia, la diffusione di tali pratiche, perché soprattutto nei gruppi multinazionali è consuetudine che determinati servizi siano accentrati presso strutture (hub) che si vengono a qualificare come centri di competenza, oppure sono allocati (offshoring) in paesi in cui il costo del lavoro è più vantaggioso.

Da ciò si determina un flusso consistente per l’impresa italiana di addebiti o accrediti (management fees) il cui prezzo potrà essere giustificato più agevolmente con l’approccio semplificato. Tuttavia, l’analisi andrà fatta caso per caso, perché un servizio di contabilità rientra nei servizi a basso valore aggiunto, così come un servizio It se è di routine, ma non se si inquadra in un particolare sviluppo informatico che determina per l’azienda un vantaggio competitivo.

Infine, va salutata con favore la previsione dell’articolo 8 circa gli oneri documentali, che verranno aggiornati con un provvedimento delle Entrate secondo il condivisibile principio per cui l’idoneità dovrà essere riscontrata secondo un approccio sostanzialistico, come indicato dalla giurisprudenza (Ctr Lombardia 1° giugno 2017, n. 2454).

Dm del 14 maggio 2018

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