Tre alternative per le fatture a cavallo d’anno
I contribuenti in contabilità semplificata che optano per la tenuta dei soli registri Iva e per la sostituzione della “competenza Iva” ai movimenti finanziari di incasso e pagamento hanno trovato, nelle risposte rese dall’agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco 2018, alcuni chiarimenti che non era facile ricavare dalla circolare 11/E/2017.
In primo luogo, l’Agenzia ha affermato che – anche nell’ambito di questa metodologia contabile (come accade per chi tiene i registri incassi e pagamenti o integra i registri Iva a fine anno con i mancati incassi o pagamenti) – i componenti positivi o negativi che concorrono alla determinazione del reddito di impresa secondo il principio di cassa, ma non sono considerati né cessioni di beni né prestazioni di servizi ai fini Iva (come può essere il canone di locazione addebitato da soggetto privo di partita Iva), devono essere registrati entro 60 giorni dal momento in cui si considera rilevante l’operazione, ossia dalla data dell’avvenuto incasso o pagamento. Per questi costi, pertanto, il principio non è “registrato = pagato” (come accade per i costi derivati da operazioni soggette a fatturazione), ma la concorrenza con il reddito imponibile segue il movimento finanziario. Per cui il canone di locazione non sarà deducibile nella misura in cui (e fino a quando) non sarà versato al proprietario dei locali. Naturalmente questa regola non vale per i componenti positivi e negativi che continuano a partecipare al reddito (qualunque sia il metodo contabile prescelto) secondo il criterio di competenza (ad esempio stipendi, canoni leasing, plus e minusvalenze, Tfr, ammortamenti, affitti attivi di immobili patrimonio).
L’altro importante chiarimento riguarda – sempre per i soggetti interessati all’opzione ex comma 5 del citato articolo 18 – la competenza dei costi rappresentati da fatture. Queste le opzioni per tali costi:
• se documentati da fatture ricevute nel 2017 e registrate ai fini Iva nel 2017, verranno considerati in tale anno come costi (e, naturalmente, entreranno come acquisti nella dichiarazione Iva 2017);
• se documentati da fatture ricevute nel 2017 e registrate ai fini Iva nel 2018 (entro la presentazione della dichiarazione, ricorrendo ai “sezionali” del registro acquisti), entreranno come acquisti nella dichiarazione Iva 2017 ma parteciperanno al reddito come costi nel 2018;
• se documentati da fatture ricevute nel 2018 e registrate ai fini Iva nel 2018 (anche se riferiti al 2017), entreranno come acquisti nella dichiarazione Iva 2018 e nel medesimo anno verranno spesati come costi nel determinare il reddito.
Combinando la risposta dell’Agenzia con i chiarimenti della circolare 1/E/2018 non sembrano emergere particolari differenze tra contribuenti mensili e trimestrali.
Entrambi, infatti, possono registrare le fatture di acquisto solo dopo averle ricevute, senza (a quanto pare) poter anticipare la liquidazione al periodo (mese o trimestre) precedente. La circolare sembra infatti condurre a una “rilettura” dell’articolo 1 del Dpr 100/1998, in modo più restrittivo rispetto a quanto fatto sino ad oggi, presumibilmente in virtù del rinvio che questa disposizione opera all’articolo 19 del Dpr 633/72 , modificato dal Dl 50/2017 e riletto dalla stessa Agenzia.
Se è vero che la liquidazione dell’imposta interviene «sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso» il contribuente alla scadenza del termine previsto, secondo la norma ciò si verifica con riferimento ai (soli) documenti «per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese ai sensi dell’articolo 19» del decreto Iva. Ed è ora chiaro che la detrazione non può che avvenire a partire dal mese o trimestre di ricevimento delle fatture di acquisto.
L’assenza di esempi sui contribuenti trimestrali nella circolare 1/E/2018, tuttavia, rende necessari nuovi chiarimenti.
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