Ultima chiamata per aderire alla chiusura delle liti pendenti
Ultimo check prima di aderire alla definizione delle liti pendenti. Entro il 31 maggio 2019, chi ha proposto l’atto introduttivo del giudizio in primo grado (o chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione) deve presentare una distinta domanda per ogni controversia. Sono definibili solo le liti avverso atti in cui è parte l’agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, il cui ricorso sia stato notificato entro il 24 ottobre 2018 e per le quali alla data di presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
Nella domanda oltre ai dati identificativi del contribuente e dell’Ufficio, va indicato l’organo giurisdizionale presso cui pende la controversia (se Ctp, Ctr o Cassazione) e il numero di iscrizione al registro generale (Rg). Nel caso, invece, in cui per la lite sia stata già pronunciata una decisione e siano pendenti i termini di impugnazione (ad esempio per l’appello) o di riassunzione (nell’ipotesi di rinvio) va indicato l’organo che ha emesso l’ultima decisione e l’Rg che aveva in pendenza di tale giudizio. Occorre poi individuare attraverso uno specifico codice (si veda l’elenco a lato) lo stato della causa al fine di determinare la percentuale dovuta per la definizione.
L’importo lordo si determina applicando la percentuale prevista a seconda dello stato della lite alle somme contenute nell’atto impositivo impugnato. Per le definizioni delle associazioni, al tributo o ai tributi in percentuale vanno sommati le sanzioni e gli interessi accertati, dovuti in percentuale. Per le controversie relative a sole sanzioni collegate al tributo, definibili senza alcun versamento, nella domanda va indicato zero. Una volta determinato l’importo lordo vanno decurtate le somme versate in pendenza di giudizio, il dato forse più difficile da ricavare. La norma e i chiarimenti hanno precisato che si tratta degli importi pagati a qualsiasi titolo, di spettanza dell’ente impositore, prima della presentazione della domanda di definizione, con espressa esclusione di quanto di spettanza dell’agente della riscossione (come aggi o spese di notifica).
Tale dato però, da quanto è emerso sinora, non è immediatamente reperibile presso gli uffici dell’Agenzia o nel cassetto fiscale del contribuente. Tanto più che, nella maggior parte dei casi, le somme dovute in pendenza di giudizio sono gestite da Agenzia Entrate Riscossione, che al più può emettere un estratto di ruolo dal quale dovrebbero risultare le somme lorde corrisposte dal contribuente. Il condizionale è d’obbligo poiché in alcuni casi, in seguito a un giudizio favorevole al contribuente e annullamento della pretesa, i ruoli azzerati non riportavano più nemmeno le somme già versate. Ne consegue, quindi, che il contribuente per l’individuazione della totalità delle somme versate, dovrà recuperare le ricevute dei diversi pagamenti effettuati ed escludere eventuali aggi e simili.
L’ultima difficoltà riguarda l’esatta determinazione del netto dovuto distinto per ciascun codice tributo. Per imposte e interessi è sufficiente verificare il codice tributo del lordo dovuto (se per Iva, Ires o Irap) e decurtare le somme pagate con i medesimi codici tributo. Il problema potrebbe riguardare le sanzioni che normalmente negli avvisi di accertamento sono uniche (applicazione del cumulo). Ad oggi non esistono chiarimenti, ma l’imputazione proporzionale potrebbe essere un criterio valido. In ogni caso, un eventuale errore non dovrebbe pregiudicare l’esito della definizione.
Fino a fine mese è anche possibile presentare nuova domanda in sostituzione di una già presentata. Nel modello è prevista una casella che individua l’eventuale domanda sostitutiva e in tale evenienza vanno indicati numero di protocollo e data della domanda che si intende sostituire.