Imposte

Vendite a catena, il trasporto guida la non imponibilità Iva

di Stefania Saccone

Nelle vendite a catena il trasporto guida la non imponibilità. È quanto emerge dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia. Il ruolo chiave del trasporto è stato sancito per la prima volta con la sentenza Emag (C-245/04), stabilendo che, in caso di due cessioni successive che hanno dato luogo a un unico trasporto intracomunitario, lo stesso è imputabile a una sola delle due cessioni, che sarà, pertanto, l'unica non imponibile. Tale interpretazione vale indipendentemente da quale dei soggetti passivi - primo venditore, acquirente intermedio o secondo acquirente - disponga dei beni durante il trasporto.

Inoltre, secondo la Corte, la non imponibilità trova applicazione quando ricorrono le seguenti condizioni: il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all'acquirente, il venditore prova che tale bene è stato trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito alla spedizione o il trasporto, il bene ha lasciato fisicamente lo Stato membro di cessione (Euro Tyre Holding, C430/09).

Un classico esempio di vendita a catena si ha quando un operatore italiano acquista beni da un soggetto austriaco che, a sua volta, rivende al proprio cliente finale tedesco.
Per determinare a quale delle due cessioni è imputabile il trasporto intracomunitario, occorre procedere a una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie, determinando in quale momento si realizza il secondo trasferimento della proprietà nei confronti dell'acquirente finale.

Nell’ipotesi in cui la seconda cessione abbia avuto luogo prima che sia stato effettuato il trasporto, quest’ultimo non può essere imputato alla prima cessione. Ne consegue che la prima vendita, qualificandosi una cessione interna, sconterà l’Iva locale e l’acquirente intermedio dovrà identificarsi nel Paese di partenza al fine di rendere non imponibile la seconda cessione e recuperare l’imposta (Toridas, C-386/17).

Affinché anche la prima cessione sia detassata, la vendita a catena deve essere contestuale e promossa dal soggetto intermedio al ricevimento dell’ordine di acquisto dal proprio cliente.
Con Kreuzmayr (C-628/16), la Corte ha precisato che le intenzioni dell’acquirente al momento dell’acquisto devono essere prese in considerazione, sempreché siano comprovate da elementi “oggettivi”. Ciò implica che se l’acquirente finale della catena dispone dei beni prima del trasporto (nell’esempio l’operatore tedesco), il trasferimento della proprietà non può che essere avvenuto nel Paese di partenza, cosicché la seconda cessione è intracomunitaria, anziché interna come diversamente qualificata dalle parti.

L’Iva erroneamente addebitata non è detraibile ma può essere richiesta a rimborso.
Da ciò discende che il trasporto guida anche gli adempimenti. Pertanto, è opportuno che gli operatori monitorino il trattamento Iva delle supply chain alla luce della Corte, attivando, se necessarie, le procedure di rettifica e/o rimborso.

Completa il filone giurisprudenziale la sentenza Firma Hans (C-580/16), con la quale la Corte ha sancito che qualora un soggetto sia identificato in più Stati deve considerarsi solo il codice con cui ha effettuato l’acquisto (C-580/16).

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