Via i paletti del requisito di residenza per l’esercizio della professione
Un alleggerimento degli oneri su chi richiede la tessera professionale europea con maggiori compiti attribuiti, in linea con le direttive dell’Unione europea, all’autorità nazionale competente a rilasciarla. Ma non solo. Modifiche alla nozione di cittadino legalmente stabilito e cambiamenti sul fronte delle misure compensative.
La legge europea 2018 (“disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”) approvata dal Senato il 16 aprile scorso prova a riallineare la normativa interna al quadro Ue in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, anche per chiudere le procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea. Se, infatti, l’Italia ha recepito da tempo le direttive sul riconoscimento delle qualifiche professionali, non mancano elementi di difformità, rispetto ai testi Ue, delle norme interne di recepimento che hanno spinto la Commissione europea ad attivare la fase pre-contenziosa della procedura d’infrazione (n. 2018/2175). Dopo la lettera di messa in mora arrivata sui tavoli del Governo e il parere motivato inviato da Bruxelles il 7 marzo scorso, con la legge europea 2018 si procede alla modifica del testo legislativo di recepimento della direttiva 2005/36 sul riconoscimento delle qualifiche professionali, costituito dal Dlgs n. 206/2007. Il testo aveva già subito una prima modifica nel Dlgs n. 15/2016, con il quale era stata recepita la direttiva 2013/55. Prima di tutto, cambia la nozione di cittadino dell’Unione europea legalmente stabilito. L’articolo 1 della legge europea 2018, infatti, elimina il riferimento allo «Stato membro di residenza» nel momento in cui il cittadino ha ottenuto il riconoscimento della qualifica professionale. Il richiamo alla residenza, infatti, non era previsto nelle direttive Ue e, così, Bruxelles ne aveva chiesto la cancellazione per eliminare ogni dubbio sulla necessità di questo ulteriore requisito. Di conseguenza, va considerato come legalmente stabilito ogni cittadino dell’Unione europea che «soddisfa tutti i requisiti per l’esercizio di una professione in detto Stato membro» e non è oggetto di divieti per l’esercizio della professione.
Tra le modifiche riguardanti i professionisti anche alcune questioni relative al rilascio della tessera professionale europea, il certificato elettronico disponibile per le professioni di infermiere, fisioterapista, farmacista, agente immobiliare e guida di montagna, funzionali ad evitare pellegrinaggi tra vari uffici. Per snellire l’iter e tagliare i tempi di adozione del certificato, la Commissione europea aveva chiesto all’Italia di prevedere che l’autorità competente rilasciasse ogni documento di supporto necessario per l’emissione della tessera professionale. Così, con la legge europea è stato rimosso il limite presente nella normativa di recepimento interna che poneva un obbligo sull’autorità competente al rilascio per i soli documenti di supporto già in possesso della stessa autorità competente.
Novità anche sul fronte dei tempi: il termine di un mese fissato per lo svolgimento delle verifiche da parte delle autorità competente sull’autenticità e la validità dei documenti decorrerà dalla scadenza «di una settimana dal ricevimento della domanda» e non dal ricevimento della domanda.
Ampliate poi le ipotesi in cui l’autorità competente per il riconoscimento potrà scegliere, sul fronte delle misure compensative, la prova attitudinale o il tirocinio di adattamento (ad esempio nel caso delle professioni di medico chirurgo, infermiere, odontoiatra, veterinario, ostetrica, farmacista e architetto). In questo modo si supera il solo ricorso alla prova attitudinale.
Per i lettori, anche qui sotto la spada di Damocle del possibile avvio di una procedura d’infrazione annunciata dalla Commissione europea (EU Pilot 2029/11), è stabilito che le università statali procedano ai contratti integrativi di sede entro il 31 ottobre 2019 (con uno spostamento rispetto al precedente termine del 31 dicembre 2018). Con il fine – chiarisce la relazione illustrativa – di superare il contenzioso e prevenire nuovi contrasti tra università e gli ex lettori di lingua straniera.