Voluntary disclosure, necessari chiarimenti sui redditi da attività patrimoniali
Il decreto legge collegato alla legge di Bilancio 2018 (Dl 16 ottobre 2017, n. 148 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172) ha riaperto, in minima parte, il capitolo voluntary disclosure, anche se probabilmente sarebbe più corretto parlare di “mini-scudo”. L’articolo 5-septies del Dl, infatti, prevede la possibilità di sanare le violazioni alle disposizioni in materia di monitoraggio e di imposte sui redditi connesse con la detenzione all’estero di attività o somme da parte di soggetti oggi residenti in Italia ma in passato residenti all’estero. Le differenze rispetto ai “classici” provvedimenti di Vd sono molteplici e questo fa propendere per l’assimilazione di questa misura ad un condono, come gli scudi fiscali.
Innanzitutto, le violazioni possono essere sanate con il pagamento di una somma forfetaria pari al 3% del valore, al 31 dicembre 2016, delle attività detenute all’estero, previa presentazione di un’istanza all’agenzia delle Entrate entro il 31 luglio; il versamento di questa somma estingue qualsiasi debenza verso l’Erario, sia essa a titolo di imposte, sanzioni o interessi, quindi con una incidenza inferiore rispetto a quanto richiesto generalmente nelle due Vd. Quest’ultima considerazione è implicitamente confermata anche dalla norma, che prevede l’impossibilità di applicare la sanatoria ad attività già interessate da Vd e soprattutto l’impossibilità di richiedere il rimborso di eventuali somme versate in eccesso con la Vd rispetto a quanto si sarebbe pagato con il presente “mini-scudo”. Il versamento dovrà essere effettuato entro il 30 settembre 2018, con la possibilità di ripartire il dovuto in tre rate mensili a partire sempre dal 30 settembre 2018.
L’avvalersi della sanatoria implica, però, come già avvenuto per le Vd, l’allungamento dei tempi di accertamento: la scadenza dei termini di accertamento è spostata al 30 giugno 2020 per quelli che scadono a decorrere dal primo gennaio 2018, ovviamente solo per quanto riguarda le somme e le attività regolarizzate. L’ambito di applicazione di questa sanatoria è però più ristretto di quello della Vd e suscita alcuni interrogativi. Sotto il profilo soggettivo, è necessario che il contribuente sia stato residente all’estero (e ciò deve essere provato attraverso l’iscrizione all’Aire) oppure abbia prestato la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zona di frontiera o in Paesi limitrofi (cd. frontalieri).
Anche gli eredi di questi soggetti possono avvalersi della sanatoria. I maggiori dubbi sul punto è se la norma possa essere tacciata di anticostituzionalità, visto che assicura un vantaggio solo a determinate categorie di contribuenti, per i quali non si ravvisa un particolare interesse ad offrire agevolazioni di natura tributaria.
Sotto il profilo oggettivo, possono essere regolarizzate le somme e le attività detenute all’estero al 5 dicembre 2017, con alcuni vincoli:
•le somme dovevano essere detenute all’estero già alla data del 31 dicembre 2016 (in caso contrario non sarebbe possibile calcolare la somma dovuta per estinguere le violazioni);
•le somme debbono derivare da redditi percepiti per lo svolgimento di attività di lavoro, autonomo o dipendente o dalla vendita di beni immobili detenuti nello Stato dove tale attività era prestata.
I vincoli oggettivi sollevano qualche interrogativo. La continuatività delle prestazioni di lavoro è richiesta, secondo la lettera della disposizione, solo qualora si vogliano sanare le somme derivanti dalla vendita di un immobile: quale dovrebbe essere la ratio di questa differenza? La sanatoria copre anche gli altri redditi derivanti dalle attività oggetto di regolarizzazione (ad esempio, gli interessi accreditati sui conti correnti, ecc.)? A questo secondo interrogativo sembra rispondere la stessa norma quando indica che la disciplina si applica anche alle imposte sui redditi prodotti dalle somme stesse.
Ma mentre sembra chiaro che la regolarizzazione possa coprire i redditi derivanti dall’investimento di attività finanziarie, andrebbe chiarito se questo possa valere anche per i redditi rinvenienti da attività patrimoniali (ad es. immobili); su quest’ultimo punto, la norma sembra lasciare minori spazi interpretativi, dato che si riferisce ad attività depositate e somme detenute su conti correnti.
Dirimere in senso positivo questi dubbi risulta ovviamente essere cruciale per il successo dell’iniziativa: in caso contrario, infatti, i contribuenti, con l’istanza, potrebbero correre il rischio di regolarizzare alcune violazioni ma di autodenunciarne altre. È necessario che il tanto atteso provvedimento dell’Agenzia chiarisca al più presto i dubbi sollevati, per permettere ai contribuenti di valutare compiutamente i pro e contro di questa ultima sanatoria.