Controlli e liti

Contro la crisi d’impresa liquidità con vincolo di destinazione

In discussione vie più snelle per favorire l’accesso ai finanziamenti pubblici

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di Giovanni Negri

Accesso alla liquidità, sospensione delle procedure esecutive, rimodulazione dell’allerta, interventi su bilanci e responsabilità degli amministratori. Anche la fase 2 della disciplina della crisi d’impresa si muove allo scoperto, senza punti fermi. Da pochi giorni sono in vigore le norme del decreto Liquidità che si sono mosse su un doppio binario, quello della legge fallimentare (rinvio del Codice della crisi, improcedibilità delle istanze di fallimento e di insolvenza, misure su concordati e accordi di ristrutturazione) e quello del Codice civile (sterilizzazione dell’effetto perdite sui conti, presunzione di continuità aziendale, agevolazioni per gli apporti di finanza dei soci).

Già però si riflette, tra gli operatori, sulle misure che ancora mancano nell’immediato e su quelle che servirebbero in prospettiva. Tenendo però conto che siamo nel corso di un bimestre (abbondante) bianco, visto che sino al 1° luglio è in vigore una moratoria completa sui fallimenti, avendo il decreto liquidità escluso anche l’ipotesi della dichiarazione presentata dallo stesso imprenditore.

Accesso al credito con autodichiarazione

Su quello che servirebbe ha le idee chiare Roberto Fontana, pm del Dipartimento crisi d’impresa della Procura di Milano. «Bisogna innazitutto evitare che i finanziamenti pubblici vadano a imprese decotte o comunque non meritevoli senza per questo rallentare i tempi di accesso. Si potrebbe allora pensare un’autodichiarazione da parte dell’imprenditore su un duplice versante, quello di solidità finanziaria, autocertificando di non avere, al 31 dicembre scorso, debiti scaduti da oltre 90 giorni in una percentuale da definire per esempio sul fatturato, e quello di regolarità dei versamenti contributivi, anche in questo caso con autocertificazione».

Naturalmente, la doppia autodichiarazione dovrebbe poi essere accompagnata, sottolinea Roberto Fontana, da modifiche alla normativa penale per evitare abusi, ma, a quel punto il credito potrebbe affluire in pochi giorni. Lasciando tempo poi a controlli da parte di soggetti come Guardia di Finanza, Sace, Uif.

Stop di sei mesi alle procedure esecutive

Come pure, per Fontana, si dovrebbe basare su un’autocertificazione anche l’accesso a una moratoria di 4-6 mesi delle procedure esecutive di cui dovrebbe beneficiare l’imprenditore che attesta di non avere una significativa esposizione debitoria antecedente all’emergenza sanitaria e, nello stesso tempo, di essere in (momentanea) difficoltà. Alla fine del periodo di automatic stay, toccherebbe sempre all’imprenditore dichiarare di essere uscito dalle difficoltà, tornando in qualche modo alla normalità, oppure di essere tuttora in crisi, aprendo allora la strada alle ordinarie procedure concorsuali.

Anche in questo caso, sarebbe opportuno un presidio penale a corroborare la regolarità delle dichiarazioni.

Codice della crisi, ok al rinvio

Per Riccardo Ranalli, dottore commercialista, componente della task force governativa guidata da Vittorio Colao, uno dei temi ineludibili è quello dell’equity, della finanza di emergenza e dei controlli sul vincolo di destinazione, «anche perché siamo di fronte in alcuni settori, basti pensare al turismo e allo spettacolo, alla necessità di un cambio di paradigma nel rapporto tra impresa e consumatore/cliente».

Bene peraltro, condivide Ranalli «avere pensato a una disattivazione dell’articolo 2447 del Codice civile sulla riduzione del capitale al di sotto del valore legale. Ma certo in prospettiva si porrà un problema di impairment test per verificare l’effettivo valore delle attività iscritte a bilancio».

Ranalli considera poi «assolutamente opportuno» lo slittamento di un anno del Codice della crisi d’impresa, anche se poi serviranno regole di sistema con cui gli imprenditori potranno confrontarsi una volta arginata l’emergenza: «Le misure di allerta in questo contesto sarebbero state del tutto improponibili».

Sull’allerta proroga al 2022

E sulle misure di allerta previste dal Codice della crisi arriva una sollecitazione anche da Confindustria che mette l’accento sull’opportunità di un rinvio al 2022 della loro entrata in vigore.

In caso contrario, infatti, il rischio molto concreto sarebbe quello di un’esplosione delle segnalazioni motivate da bilanci devastati da mesi di emergenza sanitaria. Di sicuro però c’è un forte apprezzamento per il rinvio del Codice della crisi d’impresa e per le misure su concordati preventivi e accordi di ristrutturazione, per favorirne la rideterminazione tenendo conto dell’impatto della crisi provocata da Covid-19.

Piani di ristrutturazione improponibili

Luciano Panzani, fino a poche settimane fa presidente della Corte d’appello di Roma e tra i magistrati più esperti di disciplina della crisi d’impresa, mette l’accento innanzitutto sulla necessità di misure protettive dell’impresa dalle azioni esecutive che i creditori potrebbero promuovere e dalle istanze di fallimento. «Su quest’ultimo punto – avverte Panzani – è intervenuto il decreto liquidità; manca però ancora una misura sulla sospensione delle esecuzioni. Tanto più opportuna se si tiene conto del fatto che, nella situazione di assoluta incertezza attuale, formulare qualsiasi piano di ristrutturazione è operazione altamente improbabile. Non ci sono le indispensabili condizioni di visibilità del mercato».

Panzani, che ricorda come secondo alcune prime stime la platea di imprese interessate dalla crisi potrebbe essere di circa 160.000, delle quali 10.000 potrebbero accedere a procedure concorsuali, mette in evidenza poi il tema della limitazione della responsabilità degli amministratori per le scelte di gestione, già affrontato, per esempio, sia nel Regno Unito sia in Germania nelle prime misure emergenziali.

Da privilegiare il flusso di cassa

Sull’opportunità di misure straordinarie a tutela del management conviene Andrea Foschi, consigliere nazionale dei dottori commercialisti che più di altri ha seguito la fase di attuazione del Codice della crisi sul versante delle misure di allerta e della redazione degli indici in particolare. «Bisogna partire dalla consapevolezza che c’è tutto un tessuto d’imprese che va salvato – sottolinea Foschi –. Vanno trovate misure per consentire alle aziende di reggere nell’immediato sul piano finanziario. Faccio solo l’esempio di un’impresa che seguo: da condizioni di solidità, ha visto ora ridotto del 96% il suo fatturato perché lavora nell’alimentare, ma quasi esclusivamente con ristoranti. È a queste aziende che va data una prospettiva». Più nel dettaglio, Foschi ricorda due misure in discussione nel dibattito attuale. La prima, in materia di principi contabili, ma a giudizio di Foschi meno praticabile, fa leva sulla sospensione dei costi da Covid; mentre la seconda, di matrice più anglosassone, fa prevalere un flusso di cassa positivo o comunque nei limiti della sostenibilità, sulla negatività del patrimonio netto.

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