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Credito d’imposta per il reddito estero percepito dal residente in Italia e tassato nel Regno Unito

Il reddito estero deve essere assunto nell’ammontare determinato secondo le regole interne relative alle varie categorie

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di Stefano Mazzocchi

La domanda

Vorrei dei chiarimenti in materia di redditi esteri e corretta gestione in sede di dichiarazione dei redditi. Il caso riguarda una persona che nel corso di un intero anno ha soggiornato e lavorato, in modo continuativo e con regolare contratto di lavoro (società con sede stabile estera) ed affitto, nel Regno Unito, percependo quindi un reddito tassato alla fonte. Centro degli interessi economici era quindi nel paese estero, facilmente dimostrabile in qualsiasi modo. La residenza civile dell’interessato è però rimasta quella italiana nel corso dell’anno, rimanendo iscritto nel registro della anagrafe del comune di residenza in Italia (Aire). In questa fattispecie, si è comunque tenuti a dichiarare e pagare le tasse anche in Italia (pur potendo documentare l’effettiva permanenza estera per l’intero anno, usufruendo del credito di imposta, per le tasse già pagate nel Regno Unito, contro le doppie imposizioni).
A. B. – Pisa

La Convenzione tra Italia e Regno Unito per evitare le doppie imposizioni - ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329 – dispone che «l'espressione “residente di uno Stato contraente” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza ... o di ogni altro criterio di natura analoga» (articolo 4, paragrafo 1). Tale prescrizione va letta congiuntamente con l'articolo 2, comma 2, del Tuir, Testo unico delle imposte sui redditi, Dpr 917/1986, che considera residenti in Italia «le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile». Pertanto, anche ai fini che qui interessano, il contribuente risultava – nel’annualità considerata – residente in Italia.
In applicazione del «Worldwide taxation principle», contenuto nell’articolo 3 dello stesso Tuir, nel caso in esame, il contribuente è tenuto ad assoggettare ad imposizione in Italia i redditi posseduti, ovunque prodotti. Ciò detto, occorre considerare le regole contenute nella citata Convenzione bilaterale, il cui articolo 15, paragrafo 1, prevede l’assoggettamento ad imposizione concorrente nello Stato della fonte del reddito ed in quello di residenza del contribuente, dei redditi da lavoro subordinato. Per evitare la doppia imposizione sul reddito, l’articolo 24, paragrafo 3, della Convezione dispone che «Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili nel Regno Unito, l’Italia nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sul reddito pagata nel Regno Unito, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo». Quale rimedio alla doppia imposizione, l’Italia ha adottato il meccanismo del credito d’imposta (“foreign tax credit”) sui redditi prodotti all’estero dai propri residenti, previsto dall’articolo 165 del Tuir.
Pertanto, fermo restando che nell’ipotesi descritta il reddito andava tassato nel Regno Unito, il contribuente può beneficiare in Italia del credito d’imposta di cui all’articolo 165 del Tuir.
Per quanto attiene agli obblighi dichiarativi, si segnala che con la circolare 24 aprile 2015, n. 17/E, risposta 4.7, l'agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla corretta modalità di indicazione nella dichiarazione dei redditi italiana del reddito corrisposto dal datore di lavoro estero. In particolare, in tale documento di prassi viene richiamata la circolare n. 9/E/2015, laddove è stato precisato che «il reddito estero deve essere assunto nell’ammontare determinato secondo le regole interne relative alle varie categorie, con l’unica eccezione dei redditi dei terreni e dei fabbricati situati al di fuori del territorio italiano».

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