Gli eredi sanano la violazione con il ravvedimento
L’articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346 del 1990, esclude dall’imposta di successione le «aziende o rami di esse» e le «quote sociali e azioni» ereditate dal coniuge superstite o da discendenti del «de cuius». Per ottenere il beneficio gli eredi devono dichiarare, con atto allegato alla dichiarazione di successione, di voler proseguire l’attività dell’impresa o di voler mantenere il controllo delle società partecipate, «per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del decesso». Se nel quinquennio gli eredi smettono l’attività d’impresa o cedono le partecipazioni in misura tale da perdere il controllo delle società, essi decadono dall’agevolazione e devono corrispondere:
a) l’imposta di successione non pagata a suo tempo;
b) gli interessi di ritardato pagamento, al tasso 2,50 per ogni semestre compiuto dalla scadenza dell’imposta principale (articolo 37 del Dlgs 346 del 1990, ed articolo 6, comma 3, del Dm 21 maggio 2009);
c) la sanzione di «ritardato od omesso versamento diretto» pari al 30 per cento dell’imposta dovuta, di cui all’articolo 13 del Dlgs 471 del 1997. Se il versamento è eseguito entro novanta giorni dalla scadenza la sanzione edittale è ridotta dal 30 al 15 per cento. Se il versamento è eseguito con ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione del 15 per cento è ridotta a un quindicesimo per ogni giorno di ritardo.
Una volta decaduti dal beneficio e scattata la sanzione, gli eredi possono sanare la violazione in ravvedimento (articolo 13 del Dlgs 472 del 1997) pagando la sanzione, rapportata all’imposta dovuta, ridotta alle seguenti misure:
■ 0,10 per cento per ogni giorno di ritardo, se la violazione è sanata entro 15 giorni dalla scadenza;
■1,50 per cento, se la violazione è sanata oltre 15, ma non 30 giorni dalla scadenza;
■1,67 per cento, se la violazione è sanata oltre 30 ma non 90 giorni dalla scadenza;
■3,75 per cento, se la violazione è sanata oltre 90 giorni ma non un anno dalla scadenza;
■ 4,29 per cento, se la violazione è sanata oltre un anno ma non due anni dalla scadenza;
■ 5,00 per cento, se la violazione è sanata oltre due anni dalla scadenza;
■6,00 per cento, se, prima del ravvedimento, la violazione viene constatata dall’ufficio.
Insieme alla sanzione ridotta e all’imposta di successione, devono essere corrisposti anche gli interessi al tasso legale, attualmente dello 0,10 per cento annuale, per ogni giorno intercorso fra la scadenza dell’imposta dovuta e la data di effettivo pagamento.
Le sanzioni inflitte per «ritardato od omesso versamento diretto», di cui al già richiamato articolo 13 del Dlgs 471 del 1997, non possono essere definite per «acquiescenza» (articolo 17, comma 3, del Dlgs 472 del 1997). Sennonché, come abbiamo visto, nonostante l’accertamento della violazione, è ammesso il ravvedimento con la riduzione (più vantaggiosa) della sanzione al 6 per cento.