Il recesso dalla società agricola non genera plusvalenza tassabile
Come previsto dall’articolo 67, comma 1, lettera c) del Testo unico delle imposte sui redditi (Dpr 917/1986) la cessione di una partecipazione, ancorché di società semplice, genera una plusvalenza imponibile in capo al socio cedente pari alla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo fiscalmente riconosciuto alla partecipazione stessa. Tale plusvalenza, in seguito alla legge 205/2017, è tassata nella misura del 26% sia che si tratti di partecipazione qualificata, sia che si tratti di partecipazione non qualificata. Quindi, se gli altri soci acquistano le quote del socio che vuole uscire dalla compagine societaria, quest’ultimo sarà tassato come sopra indicato. Se il socio, per valide ragioni, decidesse di esercitare il proprio diritto di recesso dalla società, l’importo che percepirebbe in sede di liquidazione della propria quota non sarebbe soggetto a tassazione. Infatti, la somma percepita rappresenterebbe il capitale inizialmente sottoscritto e gli utili maturati di anno in anno, tassati in base al reddito catastale e non prelevati dal socio. In tale direzione devono essere letti anche l’articolo 20-bis e il conseguente articolo 47, comma 7, laddove viene espresso che i redditi percepiti dai soci di società di persone in caso di recesso, esclusione, liquidazione o riduzione del capitale «costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato». Di conseguenza, considerato che gli utili maturati nel corso degli esercizi sono stati attratti nel reddito agrario, al momento del recesso, i corrispettivi riconosciuti dalla società al socio uscente non generano alcuna forma di tassazione in capo a quest’ultimo.
Invece, nel caso di capital gain, il valore da confrontare è il costo fiscale della partecipazione, che, nel caso di successione, è il valore dichiarato in sede di dichiarazione di successione.
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